Robert Guédiguian è autore francese che ha poco da dimostrare: ha avuto un percorso di vita artistica molto interessante, che lo ha portato ad essere nome di riferimento per la cinematografia d’oltralpe. Uomo di sinistra, ha inserito questa ideologia all’interno di tutto il suo cinema.
Ne La casa sul mare non parla di operai (o, meglio, non è un argomento che sviluppa) sostituiti da tre giovani emigranti che la grande famiglia addotta. Per lui, sempre impegnato nel sociale, risultava impossibile non trattare un tema di questa portata: lo fa con dolcezza, senza inutile drammaticità ma con la consapevolezza che bisogna lavorare tutti assieme per costruire un nuovo, diverso mondo in cui l’integrazione è indispensabile. Il regista ama inserire qualcosa di autobiografico nelle sue opere, come sempre ambientate a Marsiglia – in questo caso si sposta di qualche chilometro a Méjean, piccola località balneare raffinata ma dal taglio familiare – che gli dà serenità e che gli permette di raccontare un mondo che bene conosce. Affiancato dallo sceneggiatore Serge Valletti, che aveva già collaborato con lui per Au fil d'Ariane (2014), costruisce una storia interessante, coinvolgente emotivamente, assolutamente credibile negli sviluppi con quella capacità del migliore cinema francese di fare dimenticare che quanto passa sullo schermo sia interpretato da attori. In merito a questo, la simbiosi tra autore e interpreti è pressoché perfetta, con l’utilizzo di attori che hanno varie volte lavorato con lui, nomi importanti quali Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin e Gérard Meylan. Sembrerebbe quasi che il sessantacinquenne regista marsigliese faccia sempre lo stesso film con le stesse location, gli stessi collaboratori, lo stesso cast artistico: ma non è così. Ogni volta affronta storie diverse, riesce a coinvolgere in vicende mai banali, cattura l’attenzione degli spettatori. Per capire che il taglio narrativo è comune a tutta la sua produzione, basta vedere il bel inserto di Ki lo sa? (1986) una riuscitissima scena in auto sottolineata dalla musica di Bob Dylan, con i tre attori trent’anni più giovani, che scherzano con la spregiudicata incoscienza che solo i ragazzi, adulti solo perché non sono più bambini, possono avere. Bello il lavoro fatto sui flash back. Presentato a Venezia con discreto successo, il film ha come limite quello che è anche il suo maggiore pregio: intimista, con una narrazione senza punte drammatiche che, alla fine, rischia di stancare il pubblico. In una pittoresca villa affacciata sul mare vicino a Marsiglia tre fratelli di mezza età si ritrovano attorno all’anziano padre di cui si prevede la dipartita dopo che è stato colpito da un grave ictus. Angela fa l'attrice e si è trasferita a Parigi, Joseph è un aspirante scrittore innamorato di una ragazza che ha la metà dei suoi anni e Armand, l’unico a vivere ancora in paese, gestisce il piccolo ristorante di famiglia. Il tempo passa insieme è l'occasione per fare un bilancio, tra ideali ed emozioni, aspirazioni e nostalgie. Finché un arrivo imprevisto dal mare, porterà scompiglio nelle vite di tutti: a ognuno dà la possibilità di affrontare una nuova vita con ritrovato vigore.