Il titolo originale del film, Lean On Pete (Appoggiarsi a Pete), richiama il nome del cavallo da corsa con cui il giovanissimo Charley Thompson inizia un viaggio attraverso buona parte degli Stati Uniti. L’animale ha un dolore alle zampe, ha perso una corsa e il proprietario vuole venderlo a un macello messicano perché sia trasformato in carne d’alimentazione.
Il ragazzo si è ribellato a questa decisione ed è fuggito con il rimorchio per il trasporto della bestia. Ben presto rimane senza soldi ed è costretto a proseguire a piedi con il cavallo che, verso la fine del film, muore investito da un’automobile. La destinazione del viaggio, che ora Charley prosegue da solo. è la casa si una zia in cui il giovane spera di trovare rifugio e lenimento ai dolori di una vita segnata solo da umiliazioni e solitudine. Si dirà: cose viste altre volte, ma la vera novità è nella capacità del regista di trarre in controluce da questa vicenda personale un panorama realistico dell’America profonda. Un quadro segnato da mille solitudini, centinaia di esistenza alla deriva, decine di persone che vivono in case dirute o in alloggi di fortuna come il camper fatiscente in cui abitano il ladro ubriacone e la sua compagna, in cui si imbatte il ragazzo. In altre parole, è uno dei quei film che, per coglierne sino in fondo la portata, vanno letti in controluce. Un elogio a parte merita l’interpretazione del ventenne Charlie Plummer a cui è stato assegnato il Premio Marcello Mastroianni nel corso della Mostra del Cinema di Venezia 2017.