In pochi si ricordano dell’avanspettacolo dove sono nati grandi comici quali Ugo Tognazzi, Gino Bramieri, Ciccio e Franco. Era una forma d’arte popolare che, prima dell’avvento del cinema a luci rosse, aveva molti estimatori che seguivano le compagnie nelle loro peregrinazioni. Poi, l’esigenza di controbattere le scene hot con poco erotici spogliarelli, interpretati da qualche timida ballerina di fila, facilitò la morte annunciata che avvenne nei primi anni ’80.
Tuttavia, le battute, quelle no, non sono proprio morte: rivivono film dopo film, in quantità diverse, nei testi di comici quali, ad esempio, Vincenzo Salemme. Non solo, lui le diluisce in maniera tale che, se proposte davanti ad un pubblico che colloquiava con gli attori e spesso non era gentile nei loro confronti, sarebbero state sonoramente fischiate. Una per tutte, una gag in cui lui e Massimiliano Gallo giocano sulla parola supino interpretata dal secondo come su pino. Tratto da una commedia di buon successo, nella trasposizione cinematografica il regista e interpreta non è riuscito a mantenere la lievità e le risate che strappava a teatro. Eppure, con un’umiltà che non gli conoscevamo, qui ha chiesto la collaborazione dell’esperto Enrico Vanzina che avrebbe dovuto essere in grado di imporre un ritmo maggiormente cinematografico. Non è così, tutto si addormenta all’interno di bellissimo appartamento con megalattico vista mare. I personaggi non hanno sviluppi interessanti, gli attori – nessuno di quelli utilizzati nella commedia – spesso ripetono le proprie gag dando vita a battute mosce. Massimiliano Gallo, portiere in seconda del palazzo, gioca a fare il napoletano furbo ma non intelligente, Tosca D’Aquino, la moglie impegnata solo nel mondo del superfluo, Nando Paone con le sue smorfie, il televisivo Giovanni Cacioppo è un prete che non sopporta la vista dei morti e non vuole dare l’estrema unzione, Vincenzo Borrino, maggiordomo napoletano che finge di essere indiano per guadagnare di più, Francesco Paolantoni, corruttibile assessore. Le musiche sono composte da Nicola Piovani, ma sinceramente non si notano. L’unico che, facendo sé stesso come gli altri, è interessante e coinvolge, è l’ottimo James Senese, sassofonista che con poche note riesce ad emozionare. Poco per salvare un film che si può tranquillamente dimenticare. A casa Parascandolo fervono i preparativi per festa sulla splendida terrazza dove il capofamiglia, onesto geometra e piccolo imprenditore edile, vive con Teresa, famelica moglie dalla feroce ambizione di salire sempre più in alto nella scala sociale. Per il diciottesimo compleanno della figlia, la donna ha deciso di fare le cose in grande dal catering agli arredi. Ha persino coinvolto un maggiordomo indiano relegando in cucina la vecchia domestica non ritenuta abbastanza rappresentativa per una festa così importante. Il marito, pur di accontentarla con l’aiuto di Lello dell’invadente aiutante del portiere. continua ad assecondare ogni loro capriccio e a spendere una fortuna per una festa che lui stesso definisce esagerata. Tutto sembra perfetto, gli invitati iniziano ad arrivare, ma un’inaspettata notizia giunge dal piano di sotto dove abitano un padre molto anziano e la figlia zitella: la sfortuna ha deciso che l’uomo muoia proprio il giorno della festa.
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