Quando nelle prime scene si vede l’affettuosa mamma che insegna alle devote figlie la grammatica inglese, è facile prevedere che questo momento di felicità debba durare poco. Siamo nel West, in un’ambientazione tipica che abbiamo visto in tantissimi titoli che hanno preceduto questo diretto da Scott Cooper: la fattoria isolata con una famiglia di coloni votata a morte sicura.
Ed è questo il principale difetto del film: la prevedibilità. Nessuna vera emozione in un western in cui ha più importanza la psicologia un po’ troppo volgarizzata che non le immagini e le avventure durante un viaggio di oltre mille miglia con tanti combattimenti e morti. Oltretutto, è fin troppo facile capire chi saranno i primi a perdere la vita e come: questa incapacità di sorprendere rende ardua la visione di queste oltre due ore senza incorrere in qualche sbadiglio. Siamo nel 1892, a 400 anni dalla scoperta dell’America. Il film cerca di dimostrare che anche nemici tra loro, nativi e soldati che li perseguitano, possono collaborare in momenti difficili – qui l’attacco di sanguinaria banda Comanche che è riuscita a rimanere in libertà – e capire le ragioni che li hanno portati ad odiarsi così tanto. Le guerre indiane sono terminate da anni, quasi tutti sono inseriti in Riserve dal sapore di prigione e i più duri a convincere sono ancora rinchiusi in carcere presso qualche Fort. Quasi seguendo una moda, tutta la narrazione tende ad essere un mea culpa dei vincitori che hanno usato sistemi disumani per vincere contro popoli inferiori per numeri e meno armati di loro. Tuttavia, sembra poco convinta questa difesa degli intenti, e alla fine rimane la figura della colonna che combatte contro il suo destino per riuscire a riiniziare a vivere, ad iniziare dall’ufficiale che ha sempre ucciso i cattivi ed ora li deve difendere al saggio Capo Tribù condotto al suo villaggio per morire – è affetto da un tumore – e che ha ancora molta grinta e determinazione. Per il regista conta di più la fotografia (ottima, in verità) che non quanto descrive. La denuncia di situazioni di disagio gravissime fanno di questo western un contenitore che potrebbe essere inserito nella realtà di Kandahar o Baghdad, che potrebbe raccontare altre storie simili ambientate in altri anni ed a altre latitudini: ma tutto rimane più nelle intenzioni che nel risultato finale. Il leggendario Capitano Joseph Blocker, eroe di guerra ed ora carceriere in mezzo al nulla in un deserto, lascia il Fort dove è di stanza per compiere la sua ultima missione prima di ritirarsi: fare la scorta al capo indiano Cheyenne Falco Giallo – che lui odia perché ha ucciso molti suoi commilitoni e amici – che, grazie alle prese di posizione dei giornali e dell’opinione pubblica, ha ottenuto di tornare a morire nel suo villaggio. I due rivali affronteranno un viaggio di oltre mille miglia e durante il percorso incontreranno Rosalee, vittima di un attacco indiano di cui è l’unica superstite- La donna si metterà in cammino con loro, ma c’è anche una banda di sanguinari Comanche che cerca di fermarli in tutti i modi.