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Fabrizio De André - Principe Libero Fabrizio De André - Principe Libero Hot

Fabrizio De André - Principe Libero

Cast, Crew, Infos - Cinema

Titolo originale
Fabrizio De André - Principe Libero
Sceneggiatura
Giordano Meacci, Francesca Serafini, Luca Facchini (collaborazione) da un sogg. di Luca Facchini, Giordano Meacci, Francesca Serafini.
Interpreti
Luca Marinelli, Ennio Fantastichini, Valentina Bellè, Elena Radonicich, Matteo Martari.
Nazionalità
Anno
Durata
192

Per la prima volta un prodotto Rai Fiction pensato per la televisione ha un’anteprima al cinema, e per di più in oltre 300 sale. La Nexo Digital, specializzata nel proporre eventi al cinema soprattutto legati a concerti nonché interessanti documentari d’arte, ha accettato questa scommessa e ha messo a disposizione la sua esperienza a un biopic che dura 192 minuti.

Valutando il lavoro diretto e in parte scritto da Luca Facchini bisogna subito puntualizzare che non siamo di fronte ad un film per la televisione ma ad una fiction in due puntate completamente realizzata pensando al mezzo televisivo. Quindi, sia lo sviluppo narrativo che i tempi sono quelli per il piccolo schermo, con uno svolgimento semplice in cui i fatti si susseguono ma senza incrociarsi tra loro: sono vari capitoli che seguono la vita di Fabrizio De Andrè da quando era ragazzo (e si rifiutava di studiare il violino) al momento del suo funerale. A parte il rapimento subito da lui e Dori Ghezzi in Sardegna, che apre ed idealmente chiude il film, ogni cosa viene proposta in stretto ordine cronologico. La vedova del cantautore ha affiancato i realizzatori con consigli sulla sceneggiatura e attraverso la sua quasi continua presenza sul set. Lati positivi Fabrizio De André - Principe Libero li ha con questa visione a volo d’uccello sulla vita di un artista che ha saputo superare gli stilemi della canzone italiana creando un modo diverso di confrontarsi col pubblico a cui proponeva poesie accompagnate dalla musica. In maniera quasi didattica, si conosce la sua vita fatta di frustrazione, di un padre che gli voleva bene ma che pretendeva da lui anche una vita ufficiale, più borghese (era diventato vice preside di una delle tante scuole private gestite dal genitore) avendo una moglie ed un figlio da mantenere. Vengono citati momenti importanti come l’interpretazione di Mina in televisione de La canzone di Marinella che gli diede notorietà e la possibilità di trovare il coraggio di abbandonare quanto non era legato al suo mondo artistico. Gli incontri con gli amici, le serate passate a suonare per e con loro e la Genova di quegli anni non vengono proposte in maniera interessante, a tratti sembra si voglia occuparsi in maniera epidermica di temi un po’ banali per dare quel sapore popolare che dovrebbe garantire il successo alla fruizione televisiva. La costruzione tiene presente le regole del buon intrattenimento televisivo, dividendo con assoluta precisione le due parti della vita di De André, prima che incontrasse la future moglie e il dopo. Un piccolo intermezzo dell’incontro tra i due è presente nella prima parte del film, indispensabile quale collante tra le due puntate. La sceneggiatura è stata scritta principalmente da Giordano Meacci e Francesca Serafini che nel novembre del 1992 erano andati a conoscere Fabrizio De André incuriositi da un loro studio linguistico delle sue canzoni. In quella occasione, il cantautore accettò di scrivere una sua testimonianza da pubblicare nel libro in cui è stato raccolto il loro saggio universitario, La lingua cantata. I due sono stati tra gli sceneggiatori del buon Non essere cattivo (2015) di Claudio Caligari che aveva come protagonista Luca Marinelli, da loro segnalato per essere il Fabrizio De André nella fiction. La scelta è stata azzeccata perché il trentatreenne romano ha la giusta esperienza per capire che un mito è difficile da clonare, meglio la scelta di farne una rappresentazione in cui si crea un personaggio non necessariamente identico ma capace di funzionare. Luca Marinelli ha reinterpretato alcuni brani del cantautore genovese, e lo ha fatto coi giusti timbri vocali. Del resto, in Lo chiamavano Jeeg Robot (2015) di Gabriele Mainetti lo zingaro da lui interpretato dimostrava buone doti canore. Il genovese Davide Iacopini è particolarmente bravo nella resa del fratello Mauro, più borghese di lui, che gli è sempre stato al fianco ma in maniera discreta. Uscito dal Teatro Stabile di Genova, propone una recitazione assolutamente naturale. Se valutato nell’ambito della fiction televisiva, è un buon prodotto. Meglio evitare di considerarlo un film, come mai ambisce a essere.

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Fabrizio De André - Principe Libero
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opinioni autore

 
Fabrizio De André - Principe Libero 2018-01-22 09:43:30 Umberto Rossi
Giudizio complessivo 
 
7.0
Opinione inserita da Umberto Rossi    22 Gennaio, 2018
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