Sono tre i tre i manifesti citati nel titolo di Tre manifesti a Ebbing, Missouri scritto e diretto dal regista e drammaturgo anglo – irlandese Martin McDonagh (1970) di cui gli spettatori genovesi ricorderanno almeno La bella regina di Leenane (The Beauty Queen of Leenane) diretto da Valerio Binasco, nell’aprile del 1998 e proposto, con la regia di Anna Laura Messeri, l’anno precedente, come saggio della scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova.
Qui siamo in un’immaginaria cittadina dello stato del Missouri dove si sviluppano tre storie con altrettanti personaggi. La prima ruota attorno a Mildred Hayes che ha da poco perso una figlia - stuprata, uccisa e bruciata – e non si dà pace perché la polizia locale sembra non far nulla per scoprire l’assassino. La seconda ha per protagonista lo sceriffo Bill Willoughby, ammalato terminale di cancro e macerato dal rimorso per non essere riuscito a risolvere il caso. La terza vicenda riguarda il vicesceriffo Jason Dixon, un uomo mentalmente instabile che faticosamente compie un percorso verso l’idea di una giustizia che assomiglia a una vendetta. Il film traccia un quadro impietoso di un’America profonda che non ha ancora superato la piaga del razzismo, naviga nell’omofobia e vede le guerre in terra straniera come incubatrici di violenza e occasioni per dar sfogo ai peggiori impulsi. È il disegno di un’America densa di tensioni verso la morte (sceriffo Bill Willoughby), con la giustizia trasformata in vendetta (la mater dolorosa Mildred Hayes) e una costante propensione alla violenza (il vicesceriffo Jason Dixon). Un film apparentemente lineare e di lettura semplice, in realtà denso di significati che scorrono sottopelle e disegnano un panorama più inquietante che ironico.