Lee Unkrich, dopo avere realizzato Toy Story 3 - La grande fuga (Toy Story 3, 2010), si è completamente impegnato nella costruzione di questa animazione differente – ma soprattutto nell’esteriorità – dalle produzioni Disney/Pixar. Nel settembre 2011 la Pixar aveva annunciato che a gli era stato affidato un film incentrato sulla festività messicana del Giorno dei morti.
La storia iniziale era stata scritta nel 2010, con lo sceneggiatore attratto dalla magia di quella notte di ricordi ma anche di allegria. I produttori non erano soddisfatti di come era stata sviluppata la vicenda per cui gli hanno affiancato il trentaduenne di origini centroamericane Adrian Molina, da oltre dieci anni alla Pixar e co-sceneggiatore di film quali Il viaggio di Arlo (The Good Dinosaur, 2015) di Peter Sohn e Monsters University (2013) di Dan Scanlon. Con la sua collaborazione fondamentale – gli è stata riconosciuta la co-regia – Coco è divenuto un’opera di grande interesse che riesce anche a spiegare in maniera fresca e rilassante le tradizioni messicane legate alla ricorrenza dei morti. La possibilità che essi hanno in quella notte di ricongiungersi coi propri cari purché qualcuno li ricordi, la paura di essere dimenticati e di morire una seconda volta senza la possibilità di rivivere almeno per una notte. I riferimenti sono molto precisi, la sceneggiatura propone il vero spirito di una fiesta in cui allegramente si ricorda chi non è più con noi. Splendide musiche suonate nello stile Mariachi, allegria, tristezza ed una storia ricca di colpi di scena tutti giustificati dallo script e difficilmente immaginabili. Un ragazzino dodicenne ha il divieto di suonare e di ascoltare musica perché il suo trisnonno aveva abbandonato la famiglia per seguire questa passione. Per lui è impossibile rinunciare, quindi ruba da una tomba la chitarra del più noto cantante locale. Così facendo, passerà nel mondo dei morti dove incontrerà un musicista fallito, ma molto dotato, e conoscerà l’artista cui ha preso lo strumento. Crede di avere scoperto chi fosse il suo parente fuggito, ma non sempre la verità è facile da riconoscere. In apertura il corto Frozen: le avventure di Olaf (Olaf's Frozen Adventure, 2017) diretto da Kevin Deters e Stevie Wermers che, coi suoi 22 minuti, lenti e non molto interessanti, crea un certo nervosismo nel pubblico, soprattutto quello degli adulti. Non si capisce perché si sia deciso di unirlo ad un lungometraggio di oltre cento minuti. E’ un prodotto molto diverso per argomenti e spirito: è difficile tenere a bada gli spettatori più piccoli per oltre due ore. Oltretutto, pochissimi sanno di questo regalo tanto che varie persone, vedendo titolo e tema diverso da quanto si aspettavano, sono usciti di sala per chiedere spiegazioni.