Woody Allen (1935) è un regista particolarmente versatile, nella sua filmografia incontriamo, solo per citare i primi titoli che vengono in mente, commedie malinconiche come Broadway Danny Rose (1984), film d’avanguardia, ad esempio La rosa purpurea del Cairo (The Purple Rose of Cairo) (1985) e Midnight in Paris (2011), o opere ispirate ad altri autori sia cinematografici, come nel caso di Amore e guerra (Love and Death, 1975), sia letterari.
La ruota delle meraviglie appartiene a quest’ultima specie. Siamo verso la fine degli anni cinquanta, nel Luna Park di Coney Island. Qui incontriamo Ginny che ha sposato in seconde nozze Humpty. Entrambi lavorano nel parco giochi, lei in un ristorante di frutti di mare, lui in una giostra. La donna ha portato in dote al marito un figlio decenne con una spiccata tendenza per la piromania. Lei è insoddisfatta del matrimonio e intreccia una relazione col bagnino Mickey, un uomo colto che sogna di diventare drammaturgo e capisce le velleità di ex – attrice dell’amante. A sconvolgere i fragili equilibri fra i tre arriva Carolina, figlia di primo letto Humpty, fuggita dall'entourage del marito mafioso. Quando il bagnino ne fa conoscenza la matrigna avverte un pericolo anche perché i due giovani si piacciono. Tutto sfocia in un melodramma consapevole con il rapimento di Carolina da parte dei malavitosi inviati dal marito e la rottura fra Ginny e Mickey. Siamo dalle parti di una quasi film da camera girato, per buona parte nell’appartamento dei due più anziani o fra le attrazioni del parco giochi. Il regista realizza una delle sue opere più coerenti anche grazie alla perizia del direttore di fotografia che ammanta Ginny di colori sul rosso, simili a quelli del tramonto, e avvolge Carolina nei toni bruni che precedono la notte. È un film molto raffinato e di grande compostezza formale, caratteristiche che forse spiaceranno a coloro che amano il Woody Allen ridanciano, ma segnano un momento elevato del suo lavoro creativo.