Donato Carrisi (1973) ha scritto e pubblicato La ragazza nella nebbia nel 2015 e ha scelto questo libro quale spunto per il suo esordio come regista nel cinema. Prima aveva lavorato in veste di sceneggiatore per la televisione e autore teatrale.
La decisione di esordire con un film tratto da un suo libro ha dato vita a un’opera densa di pregi e i difetti. I primi nascono da un materiale ricco di temi e da una storia densa di colpi di scena. I secondi prendono le mosse dalle molte citazioni che disseminate nel film e che, seguendo un motto che messo in bocca a uno dei suoi personaggi (la prima regola di un grande romanziere è copiare), coinvolgono cineasti come David Lynch, David Fincher, Giuseppe Tornatore, Tomas Alfredson. Il suo è un poliziesco ambientato in un paese immaginario, con una polizia d’invenzione e con personaggi che vivono una storia piuttosto aggrovigliata. Tutto ruota attorno al rapimento di una sedicenne sulla cui scomparsa è chiamato ad indagare un ispettore che indulge troppo nell’utilizzazione dei media. Nel fare questo incontrerà un professore di liceo che ha tutte le caratteristiche per essere indicato come il colpevole e uno psichiatra che collezione trote impagliate. Il finale è sin troppo ingarbugliato e lascia lo spettatore con molti dubbi. Il film, in altre parole, mette troppa carne al fuoco senza seguire una linea retta, Inoltre soffre di un eccesso di recitazione, ad esempio da parte di Toni Servillo. In questo si nota una carenza di capacità direttiva da parte del regista che sembra avere il timore di tirare troppo bruscamente le briglie ai molti attori di pregio che ha a disposizione. Sono difetti che non compromettono del tutto un testo che si segnala per un’ottima confezione e per un buon grado narrativo.