A seguito del non previsto successo commerciale di Kingsman: Secret Service (Kingsman: The Secret Service, 2014) – oltre 400 milioni di incasso per un film costato meno di un quinto – i produttori hanno immediatamente attivato la realizzazione del secondo titolo che è stato scritto nel 2015 e girato assieme al terzo previsto in uscita nel 2018.
Riconfermata la coppia di sceneggiatori, è stata creata una storia semplice e facilmente assimilabile, utile unicamente per fare da collante alle varie scene d’azione vero fulcro di ogni cosa. Jane Goldman è dietro al successo di X-men e di tanti altri film molto graditi al pubblico. Inglese, fisico da pin up, ha trovato una perfetta intesa con Matthew Vaughn – coinvolto anche quale regista – assieme al quale ha scritto anche Kick-Ass (2010). I loro sono titoli di pura evasione, in cui tutto è volto verso il coinvolgimento del pubblico letteralmente travolto dal veloce incedere delle scene. In questa occasione, pur continuando a funzionare tutto più che bene, forse potevano pensare a 30/40 minuti in meno che avrebbero snellito notevolmente il film visto che: quasi due ore e mezza paiono un po’ eccessive. Oltretutto i colpi di scena sono proprio pochi e prevedibili: una scelta per evitare che gli spettatori debbano pensare e staccarsi dall’orgia di movimento che passa sullo schermo ma che rischia di non essere sempre vincente. Tratto dalla miniserie a fumetti The Secret Service (2012-2013) scritta da Mark Millar – creatore anche di Kick-Ass - ed illustrata da Dave Gibbons, riesce a trovare il giusto spazio anche per gli attori, con un divertente e divertito Colin Firth bravissimo anche nel sorreggere il ventottenne Taron Egerton che manca ancora di un po’ di carattere. La figura che fa la differenza la propone Julian Moore, una cattiva che vive isolata nella foresta per guidare il suo impero della droga. Con grande ironia dipinge questa cinquantenne mai realmente cresciuta, che ama il locale di hamburger anni ’60 che si è fatta costruire e in cui lavora utilizzando carne tritata fresca non convenzionale. L’ambientazione statunitense imposta dalla coproduzione – il film anche come sviluppo è prettamente britannico – non danneggia la raffinatezza dei comportamenti dei personaggi, aggiungendo quel pizzico di country gradevolmente retrò. Molte le strizzatine d’occhio a James Bond o al raffinato Harry Palmer di Michael Caine (presente tra gli interpreti del primo Kingsman quale omaggio): quella raffinatezza che cozza contro la brutalità di certe scene è proprio uno degli elementi vincenti. Spicca l’uso di un autoironico Elton John rapito dalla donna e divenuto suo schiavo, che deve cantare ed esibirsi a comando come una scimmietta ammaestrata. Il personaggio di Colin Firth, morto nel primo titolo, risuscita con una buona trovata di sceneggiatura. La sede dei Kingsman, spie private impegnate anche nella salvaguardia del mondo, viene fatta saltare in aria e, dopo questo increscioso fatto, il saggio stratega Merlin ed il sempre in movimento Gary si trasferiscono negli USA ospiti degli Statesman, loro cugini yankee. Qui collaborano nel tentativo di salvare centinaia di milioni di drogati, contaminati dalla perfida Poppy per poter vendere il suo antidoto. Le spie devono combattere anche contro il Presidente degli Stati Uniti.
