Le cinematografie degli ex – paesi dell’Est europeo si stanno lentamente affermando. In Bulgaria anche il nuovo clima nato dalla caduta del regime installato nel 1946 con la nascita della Repubblica Popolare di Bulgaria (RPB) che ebbe come primi ministri e segretarti del Partito Comunista Bulgaro (PCB), nell’ordine, Georgi Dimitrov (1946-1949), Vălko Červenkov (1950-1954) e Todor Živkov (1954-1989).
Sotto la dittatura di quest’ultimo il cinema ebbe un particolare impulso anche perché il settore era stato affidato alla figlia del leader, Ljudmila Živkova (1942 – 1981), che dal 1975 ricoprì il ruolo di Ministro della Cultura. Sotto la sua direzione, contrassegnata peraltro da idee quantomeno originali, si affermarono autori come Christo Christov (1926 – 2007), Georgi Djulgerov (1943), il ceco, attivo in questo paese, Jaromír Bore (1931 – 1974) e l’animatore Todor Dinov (1919 – 2004). Precedenti che giustificano l’interesse per i film che oggi provengono da una cinematografia che si avvia a precorrere la strada già intrapresa dal nuovo cinema rumeno. Né dà testimonianza Glory - Non c’è tempo per gli onesti di Kristina Grozeva e Petar Valchanov. Un manovale delle ferrovie bulgare, il suo lavoro è quello di percorrere i binari armato di una pesante chiave inglese e serrare i bulloni allentati che tengono ferme la rotaie, trova una consistente somma di denaro dispersa fra i binari. Invece d’intascarla, come avrebbero fatto i suoi colleghi che non perdono occasione per rubare la benzina dai serbatoi dei locomotori, avverte la polizia. Una funzionaria del Ministro dei Trasporti che, proprio in quelle ore è alle prese con una campagna scandalista per le tangenti che hanno accompagnato la vendita a prezzo bassissimo di alcuni locomotori seminuovi e l’acquisto, a prezzo altissimo, di vecchie locomobile, coglie al volo l’occasione per offrire all’opinione pubblica un eroe della probità. Tutto andrebbe bene se al malcapitato onest’uomo non fosse sottratto il vecchio orologio ereditato dal padre e scambiandolo con uno nuovo da quattro soldi e, per giunta, malfunzionante. Il ferroviere s’incaponisce nel rivolere il vecchio segnatempo. Questo innesca un meccanismo di arresti, con prove false, e maltrattamenti da parte della polizia. Un calvario alla fine del quale il mite manovale si trasforma in assassino. E’ un film tragico e ironico che mette in luce la corruzione e la violenza di cui si nutre il nuovo potere non molto dissimile da quello vecchio. Il film ha un andamento lineare che ricorda il cinema di denuncia italiano, quello neorealista prima di ogni altro. Come dire che siamo davanti a una bella scoperta che delizia e conforta sul risveglio di questo cinema.