Miss Sloane (Miss Sloane – Giochi di potere) dell’inglese John Madden, un regista particolarmente prolifico che ha firmato dal 1982 ad oggi bel 25 regie fra film e telefilm, ha al centro la figura di una lobbista americana che, per far trionfare la causa per cui è stata ingaggiata – l’approvazione di una legge che mette qualche freno alla vendita delle armi – arriva sino a costruire un meccanismo che, lei ne è cosciente sin dall’inizio, la porterà in prigione, ma le consentirà anche di svelare le trame oscure e corruttive di cui sono complici senatori e fabbricanti di armi.
È uno spaccato inquietante della politica americana che la regia smonta dall’interno riuscendo a disvelarne i meccanismi anche quando non appaiono lineari. Quello dei lobbisti è un mondo e una professione che hanno piena dignità nella politica americana, ove sono regolati da norme precise che, tuttavia, spesso sono ignorate. Il film non mette in discussione la legittimità di queste forze d’influenza i cui obiettivi sono quelli di rispondere alla loro clientela, indipendentemente dalla adesione o meno agli interessi di cui si fanno paladini. È una questione lontana dalle impostazioni tipiche della democrazia mediterranea, anche se non mancano neppure da noi gruppi di pressione che influenzano pesantemente le scelte parlamentari. Il film di questo regista ha il merito di svelare, come in un poliziesco, il marcio che c’è in Danimarca ma senza mettere in discussione la legittimità di queste pratiche e il loro peso sul travisamento, in qualsiasi direzione, della volontà popolare così come è emersa dalle urne. In altre parole un testo interessante perciò che svela, ma lacunoso per ciò che denuncia.