Difficile trovare un’opera prima con l’autore che abbia le idee chiare che sappia realizzare un prodotto più che buono. Ancora più raro vedere che con un budget di soli 4,5 milioni di dollari in pochi mesi ne abbia incassati più di 200. Forse unico se si pensa che il tutto è stato realizzato da un giovane comico, stella di MadTV. Tutto questo stupisce ancor più se si assiste al film pensando di vedere un horror e trovandosi davanti ad una commedia sentimentale dai sapori del thriller con tematiche legate ai problemi razziali che ancora oggi un uomo di colore può avere in stati del sud quali l’Alabama.
Quando si è convinti di avere capito ogni cosa viene messa in discussione, capovolta, vista sotto altra ottica. Non esistono buoni o cattivi, meglio, l’unico buono è lo sprovveduto fotografo che si trova all’interno di un gioco che sarebbe impossibile anche per un Rambo, ma lui quando si trova a dover affrontare il dilemma legato a una situazione da mors tua vita mea, ha pochi tentennamenti. Allora tutto si trasforma in massacro, lotta senza tregua in cui nulla può e deve essere salvato. La bravura di Jordan Peele – nome molto noto non solo negli Stati Uniti e presente anche sul WEB – sta nel dare filo logico a tutta la storia e nel costruire una sceneggiatura a prova di bomba dove tutto, ma proprio tutto, funziona in maniera perfetta. E’ vero, fino dell’inizio si hanno dubbi su molti dei personaggi del film e sul loro comportamento, ma questi ‘aiutini’ servono per depistare ancora più lo spettatore che si trova a dovere rivedere alla fine quanto credeva fosse ‘vero’ per sostituire queste sue sensazioni con altre ad esse opposte. Daniel Kaluuya è il convincente protagonista, un educato fotografo che cerca di entrare in casa dei futuri suoceri in punta di piedi, senza toccare il loro collaudato menage fatto di certezze che la sua presenza – a loro non era stato detto che fosse di colore – potrebbero mettere in discussione. Londinese, con grande esperienza televisiva e personaggi quasi sempre minori nel cinema, è molto espressivo ma nei dialoghi un po’ ‘ingessato’. Il meglio lo si ha nei comprimari, attori che in poche battute sono in grado di donare visibilità ai loro personaggi. Brava Catherine Keener psicologa e madre della ragazza di cui capiamo subito l’importanza, Bradley Whitford il marito chirurgo fin troppo gentile col non gradito fidanzato, Caleb Landry Jones figlio ‘schizzato’ della coppia, Marcus Henderson toy boy di anziana bianca che cerca di avvisarlo dei pericoli che corre. Ma la più bella figura è quella del amico del giovane, nonché facente parte della squadra antiterrorismo del Aeroporto: un po’ grezzo, sa essere al posto giusto quando serve, con una telefonata o di persona. E’ interpretato con ironia dal televisivo LilRel Howery, con pericolosi passaggi in cui gli si chiede di essere sopra le righe. A lui anche qualche battuta allegra atte a stemperare per qualche secondo la tensione, tensione che Peelen crea attraverso una foto nitida e drammatica soprattutto nelle scene più buie, musiche che divengono importante strumento narrativo, volti che esprimono quello che le parole tacciono. Fotografo di successo, fidanzato con una ragazza bianca, va assieme a lei in Alabama per conoscere i futuri suoceri. Nonostante non sappiano che sia di colore e paiano fondamentalmente razzisti, lo trattano con enorme gentilezza. Lui fuma e la madre della ragazza, psicologa e igienista, lo ipnotizza senza che lui possa opporsi: quando si risveglia le sigarette gli fanno schifo ma si sente anche molto strano. Viene coinvolto in un party nella tenuta dei suoceri dove conosce molte persone importanti che lo guardano, forse lo studiano, con interesse. Uno di loro, di colore e che pare uno zombie, cerca di avvertirlo che corre forti pericoli. In un finale in cui tutto viene messo in discussione la serenità apparente si trasforma in sanguinario dramma.