Il primo Alien, regia di Ridley Scott, è stato prodotto nel 1979, da quell’anno sono sei i film che, in vario modo e con registi diversi, si inseriscono in quella saga. Alien: Covenant è l’ultimo capitolo in ordine di tempo di presentazione ma, in realtà, un’anteprima dei fatti in quanto, legandosi a Prometheus (2012) dello spesso regista, racconta l’origine degli eventi raccontati nel film di quasi quarant’anni or sono.
L’astronave Covenant (Patto) sta trasportando un cospicuo carico di coloni e di embrioni destinati a un pianeta simile alla terra. Un incidente costringe l’androide insonne che accompagna la missione a svegliare prima del tempo l’equipaggio, anch’esso ibernato. Le tecniche di risveglio causano la morte del capitano del vascello che è sostituito da un secondo ufficiale che ha la pessima idea di far scendere la nave spaziale su un pianeta prossimo alla rotta e che sembra avere le stesse caratteristiche di abitabilità di quello scelto come destinazione finale. Qui gli astronauti dovranno vedersela con il famoso mostro (ideato in origine da Carlo Rambaldi) che si rivelerà prodotto e allevato da un altro androide che faceva parte di una precedente spedizione, ne ha distrutto equipaggio e annientato con un virus letale la popolazione originaria di quel pianeta. Diversamente dal film iniziale l’attenzione del regista propende più per la riflessione filosofica sull’origine della vita che non sulla fantascienza pura. Si aggiunga un sovraccarico di gotico e si avrà la misura di un film ricco di suggestioni che vanno oltre quelle classiche tipiche delle storie futuribili. E’ una piacevole sorpresa che getta i semi di suggerimenti non banali e riflessioni di spessore.