Il solito cammeo di Stan Lee questa volta lo si vede dopo un’oretta, vestito da astronauta old style con casco tutto trasparente che dice “prima che mi interrompessero lavoravo per la FedEx” e, terminati i titoli di coda, lo dimenticano nello spazio e lui disperatamente cerca di farsi notare.
L’inossidabile creatore di tanti personaggi Marvel, nonché da sempre nel consiglio direttivo di questa società che il cinema ha allontanato dal rischio del fallimento, ormai sulla soglia dei 95 anni firma tutti i film con cui ha a che fare con apparizioni alla Alfred Hitchcock e con personaggi mai determinanti per la storia. Oltre a questa comparsata lui è sempre il produttore esecutivo che voci bene informate dicono essere a dir poco esigente. Tutti i progetti tratti dai personaggi Marvel devono avere il suo placet, senza il quale non si muovono investitori in grado di garantire cifre astronomiche per la realizzazione dei film. Guardiani della Galassia (Guardians of the Galaxy, 2014) era costato 170 milioni di dollari ottenuti con difficoltà perché in pochi pensavano che un film dal taglio demenziale e con eroi classici potesse ottenere buoni risultati al Box Office. I circa 800 milioni di incassi hanno fatto capire ai produttori di avere visto giusto quando avevano annunciato la seconda parte al San Diego Comic-Con International nel 2014, poco prima dell'uscita del primo film. Ci sono voluti un paio di anni per organizzare tutto, anche perché è stata realizzata in contemporanea anche la terza parte per cercare di abbattere i costi. Finito di girare a giugno dello scorso anno, la seconda parte è stata varie volte testata con proiezioni campione ed ora, finalmente, è pronto per il lancio internazionale: ma negli USA sarà presentato, in ritardo sugli altri mercati: il 5 maggio. Creatore della struttura narrativa di questa trilogia è il quarantasettenne James Gunn con una solida esperienza televisiva e un solo lungometraggio diretto prima di questa avventura, il discreto Super - Attento crimine!!! (Super, 2010). Al suo fianco nello script l’inglese Dan Abnett, da molti anni collaboratore Marvel. Tutto funziona bene, ma la lunghezza e l’utilizzo in quantità massive di effetti visivi e di musiche roboanti, alla fine rischiano di stancare. Del resto, in mancanza di nuove idee, era difficile trovare un altro escamotage per ottenere la giusta tensione negli spettatori. A questo va aggiunto che i dialoghi, soprattutto dei non umani, a tratti sono scurrili per ottenere complicità facile di un pubblico di bocca buona. Tuttavia la cosa che dà più fastidio, è il personaggio interpretato da Kurt Russell, un dio, che dice al figlio di avere donato un tumore alla madre per potere essere libero di fare il bene del mondo! Molti, troppi sottofinali e l’impressione è di essere davanti ad un contenitore in cui, pur di superare le usuali due ore di durata, si inserisce di tutto. Per fare stare il pubblico in sala fino all’ultimo, nei titoli di coda ci sono tre innesti narrativi. Il compito del regista è di avvicinare due mondi Marvel, quello dei Guardiani agli Avengers, per creare una inaffondabile corazzata dell’intrattenimento, ma l’obiettivo è colto solo in parte, dovendo lavorare con forti imposizioni da parte dei produttori che lo hanno privato della giusta serenità. Mentre Peter Quill e I Guardiani della Galassia sono alle prese con il mistero che avvolge le vere origini del combattente, dovranno lottare per mantenere unita la squadra. Si alleeranno con vecchi nemici e potranno contare sull'aiuto di alcuni fra i personaggi più noti del mondo dei fumetti.
