L’omonimo romanzo da cui la sceneggiatura è tratta era ambientato durante la guerra civile irlandese degli anni ’20 – ’30 e dava grande importanza agli scontri tra le due parti. Portando all’interno della Seconda Guerra Mondiale la vicenda perde spessore ed interesse.
Dirige Jim Sheridan, valido autore che molto ha lavorato per Hollywood e che per questo film è tornato in Irlanda. Tra le opere dedicate al suo paese, ricordiamo il riuscito Nel nome del padre (In the Name of the Father, 1993) e The Boxer (1997), ma è più noto per il suo film del debutto Il mio piede sinistro (My Left Foot: The Story of Christy Brown, 1989) vincitore di due Oscar, premio a cui lui è stato candidato 6 volte con una produzione cinematografica che racchiude solo 12 titoli. Probabilmente, anche scegliendo tra gli interpreti noti attori d’oltreoceano, ha tentato di creare un prodotto di respiro internazionale che gli permettesse di tornare saldamente sulla cresta dell’onda dopo opere più deludenti. Così non è stato, con una distribuzione che non ha raggiunto gli Usa e che permetterà al film, finito di girare a Sligo in Irlanda oltre due anni orsono, di essere presentato in Gran Bretagna solo nella seconda metà di maggio. Inizialmente, come regista si era pensato a Thaddeus O'Sullivan con una sceneggiatura di Johnny Ferguson e, per i ruoli principali, a Jessica Chastain, Vanessa Redgrave, Jonathan Rhys Meyers e Jeremy Irons. Rimasta solo la Redgrave, gli altri sono stati sostituiti da Rooney Mara, Theo James, Eric Bana e Jack Reynor. Il lavoro fatto da Johnny Ferguson è stato completamente rielaborato dal regista ed è difficile capire chi abbia pensato le parti più interessanti e chi quelle meno riuscite. Si aggiungono personaggi, si semplifica fin troppo nello svelare il segreto, riducendolo ad un momento consolatore che suona lieto fine forzoso. La gente pensa che il padre del bimbo, su cui ruota ogni cosa, sia un religioso, addita la donna come peccatrice e non si preoccupa di lei quando viene ricoverata in un manicomio. In un film che vuole piacere troppo a tutti, manca il vero interesse, la capacità di coinvolgere realmente, così come il contatto con realtà sociali e politiche utili all’economia dell’opera. Il dubbio, lasciato volutamente nello script, è che tutta la vicenda che noi conosciamo attraverso il racconto della donna, possa essere una sua interpretazione che le permette di giustificare se stessa e di vivere in pace con la propria coscienza. Lei rimane incinta, il suo compagno è andato via, si trova a partorire da sola in una grotta lambita dal mare. La Polizia giunge in loco e vede la donna uccidere il neonato, ma forse si sbagliano. Rose è una donna molto anziana che ha passato gran parte della sua vita in manicomio, accusata di avere ucciso il suo figlio appena nato. Durante gli anni vissuti in istituto, utilizza una Bibbia per fare specie di diario, in cui parla anche del neonato e del suo amore per l’aviatore da lei conosciuto quando lavorava in un negozio di tabacchi nel paesino dove si era trasferita. Deve essere dimessa dall'istituto che sta per trasformarsi in albergo con SPA, e per valutare le sue condizioni viene chiamato un dottore che, non convinto della motivazione ufficiale che ha portato la donna a essere rinchiusa nella casa di cura, decide di condurre delle ricerche per proprio conto.