L’opera prima di Raúl Arévalo - attore noto soprattutto per varie serie televisive e per quattro validi film da protagonista diretto dal cugino Daniel Sánchez Arévalo - è stata accolta in patria quasi con un trionfo e alla sua presentazione ufficiale in ambito internazionale alla 73ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, nella sezione Orizzonti, è stato subito amato dal pubblico.
Vincitore di quattro Goya, è opera interessante che mai delude le aspettative, con una sceneggiatura efficace ed alcuni colpi di scena molto ben gestiti fino ad arrivare ad un finale difficilmente prevedibile. La trasformazione del tranquillo avventore di bar di periferia in spietato vendicatore è raccontata con freddo distacco ed assoluta credibilità, offrendo la possibilità al bravissimo Antonio de la Torre – amato dai giovani registi ma anche da Pedro Almodovar che lo ha voluto nel cast de Gli amanti passeggeri (Los amantes pasajeros, 2013) e Volver (2006) – di dare vita ad una delle sue migliori interpretazioni. Tutto si svolge nell’assoluta normalità, con un po’ di noia tra una partita di carte e l’altra. Il protagonista è spesso in ospedale ad accudire un anziano intubato e, apparentemente, privo di qualsiasi tipo di reattività. E’ benestante – dice di avere ereditato appartamenti e i muri di un negozio – e non lavora spendendo la sua vita tra l’assistenza del paziente e le sue giornate a bere qualcosa, a farsi tanti amici, a giocare, a scoprire quello che gli interessa sapere. Il marito della titolare – con la quale ha anche qualche tenerezza – è in carcere perché era alla guida dell’auto che avrebbe dovuto fare scappare una banda di malviventi dopo una tragica rapina in una gioielleria. Lui questo lo sa – gli viene confermato dalla donna – e sembra non dargli peso. Tutto cambia quando il carcerato ha finito di scontare la pena e torna a casa. Da questo momento, il tono del film volge velocemente verso il drammatico raccontando con naturalezza e senza compiacimento la vendetta di un uomo che ha saputo attendere. Bello, pieno di ritmo e coinvolgente, con vari piccoli errori di realizzazione giustificati dall’inesperienza del regista di cui attendiamo i prossimi ed auspicabili film. Un uomo solitario e riservato sembra a disagio ovunque fino a quando una mattina si reca nel bar gestito da donna quarantenne con il fratello. Ben presto la sua vita inizia a intrecciarsi con quella delle altre persone che frequentano il locale, facendolo sentire come uno di loro. Soprattutto la padrona del bar. Lei è la compagna di Curro, l'unico di una banda di quattro criminali a essere arrestato per una rapina in una gioielleria perché all’auto che guidava si spegne il motore. Era il 2007 e otto anni più tardi, scontata la pena, Curro è rilasciato e nutre la speranza di iniziare una nuova vita con la donna. Tornando a casa si accorge che lei è confusa e insicura e si troverà a dover affrontare un uomo che, distruggendo le sue aspettative, cambierà tutti i suoi piani.
