La prima cosa che viene in mente è che gli sceneggiatori conoscano, e bene, Alien (1979) di Ridley Scott facendone una rilettura quantomeno per quanto riguarda l’input della storia. Il quarantenne regista cileno/svedese Daniel Espinosa – l’accettabile Safe House - Nessuno è al sicuro (Safe House, 2012) e il mediocre Child 44 - Il bambino n. 44 (Child 44, 2015) tra i suoi titoli più noti – affronta la storia con buon piglio ma senza mai tentare di essere realmente originale, costruendo un film interessante ma disequilibrato nello sviluppo narrativo.
Il claustrofobico ambiente in cui tutto avviene – una nave spaziale in cui ogni cosa parla di scienza – è ben costruito e senza inutili orpelli: laboratorio, ponte di comando e poco più. Le figure dei sei protagonisti sono fin troppo descritte in ogni particolare tanto da annoiare non poco: oltre trenta minuti per conoscere i nostri eroi votati – lo si intuisce subito – ad una morte quasi sicura. Ed allora è più l’attesa di sapere quando muore qualcuno che non quanto accade attorno a lui e come avverrà questa fine. I personaggi sono poco originali, di nazionalità diverse – Russia, Stati Uniti e Giappone ma si ringraziano i cinesi, non presenti nell’equipaggio per avere finanziato generosamente l’impresa - e molto amici tra di loro senza tensioni che in mesi di coesistenza parrebbero probabili. Il biologo paralizzato che vive la mancanza di forza di gravità come una liberazione, il medico militare lì da oltre 400 giorni che non vuole affrontare gli 8 miliardi di bastardi che abitano la Terra, l’ingegnere di bordo nipponico che vede in diretta la nascita di sua figlia e le promette di curarsi di lei, il comandante donna, russa di nascita, che forse è innamorata di un membro sono i più importanti e più longevi perché indispensabili allo sviluppo del racconto. Ma, ripetiamo, nulla è imprevedibile, tutto suona studiato a tavolino per non scontentare ma anche senza la capacità di accontentare. Gli effetti visivi sono belli, il contenuto horror affascina con un’azione disturbante difficile da reperire anche in film più truculenti. Tuttavia a mancare è lo sviluppo, qui quanto di più prevedibile salvo un piacevole finale difficile da immaginare soprattutto dalla intorpidita mente dello spettatore dopo 100 minuti di film in cui poco accade. Equipaggio di una stazione spaziale internazionale è in procinto di fare una delle scoperte più importanti della storia: la prima ineluttabile prova di vita su Marte, un atomo dall’aspetto delicato e indifeso. Quando il biologo inizia a svolgere le ricerche sul campione capisce di trovarsi di fronte a una forma di vita più intelligente del previsto e in rapida evoluzione che, a causa dell'estinzione della vita su Marte, sta minacciando gli scienziati e la vita stessa sulla Terra. Forse non odia gli uomini, ma li deve eliminare per sopravvivere, e ci riesce molto bene.