Paul Verhoeven è un regista olandese che ha trovato ad Hollywood un grande successo commerciale. Il suo Basic Instinct (1992) ha mietuto incassi in tutto il mondo, in particolare per merito di Sharon Stone e della sequenza in cui, accavallando le gambe, mostra di non portare indumenti intimi.
Regista attento al lato più nascosto dei desideri sessuali femminili, ha trovato in Elle (Lei) il materiale ideale per dare spazio ad un’altra grande attrice, Isabelle Huppert, che non ha mai disdegnato di usare il proprio corpo quale strumento fondamentale di recitazione. Michèle è la proprietaria di una grande azienda di giochi elettronici. Ha alle spalle l’esperienza traumatica di una padre schizofrenico che ha ucciso numerosi vicini e ed ora sta scontando la pena dell’ergastolo. La madre si concede vari toy boy, cedendo anche a qualche sogno sentimentale. Lei, invece, passa senza alcuna remora, da un amante all’altro sino a che è aggredita e violentata in casa da un vicino che si presenta mascherato come una sorta di Diabolik. Inizia a questo punto un gioco di seduzione violenta che termina con la morte dell’uomo. E’ un film molto ben costruito la cui unica e sola ragione d’essere è nell’interpretazione di questa duttile e matura attrice francese (a sessantatré anni non ha problemi a mostrare parti del corpo che solitamente le donne di quell’età nascondono) che appare sin dall’inizio la vera dominatrice della storia. Non se ne è accorta la giuria del Festival di Cannes 2016 che non le ha concesso alcun premio fra quelli riservati agli attori.