2004, Billy Lynn ha 19 anni e fa parte di una squadra di militari che combattono in Iraq. Un giorno lui e i sui compagni sono protagonisti di uno scontro a fuoco con i ribelli filo Saddam Hussein e sono ripresi, casualmente, da un operatore televisivo che cede le immagini ad un a rete di telegiornali statunitensi. Diventati eroi per milioni di teleutenti sono rispediti negli Usa per una veloce visita ai parenti e per partecipare ad una serie di cerimonie fra cui la comparsata in uno show che verrà registrato nell’intervallo di un incontro di football.
Lo scontro fra i traumi a cui hanno assistito e di cui sono stati anche attori e la macchina pubblicitaria in cui sono immersi ora fa sì che, alla fine, preferiscano il cameratismo sotto le bombe ai pelosi onori di un giorno di gloria. Ang Lee - cineasta taiwanese, ma attivo soprattutto negli Stati Uniti, vincitore di premi ai Festival di Berlino, all’Oscar e in vari altri festival - in questa sua ultima fatica fa emergere due aspetti del suo cinema: la solidarietà maschile, che era alla base del rapporto omosessuale fra cowboy di I segreti di Brokeback Mountain (Brokeback Mountain, 2005), e la ferocia commerciale dell’America. Quest’ultima assume, nel caso, la forma della contrapposizione fra la vita rischiosa e dura a cui sono costretti i militari Usa impegnati nelle operazioni belliche volute dal potere politico di Washington e la sua sudditanza agli interessi dei magnati dell’economia e della finanza. In questo senso le due sequenze - la prima con il petroliere che si presenta al tavolo dei soldati, la seconda quella della trattativa con l’imprenditore che vuole trarre un film dalla loro esperienza pagandoli una miseria – assumono un valore fondamentale per la comprensione dell’intero film. Un’ultima nota: la storia è stata girata con nuovi sistemi tecnici - HFR ovvero 120 immagini al secondo, cinque volte la normale frequenza, 4k di risoluzione e 3D – dati che possono essere mantenuti in sole poche sale per cui la stragrande maggioranza degli spettatori vedranno il film secondo gli standard normali. Questo fatto, molto probabilmente non consente di apprezzare sino in fondo le intenzioni estetiche del regista.