Paterson è una cittadina del New Jersey, vicina a New York e nota per aver ospitato alcuni famosi poeti americani, fra cui William Carlos Williams (1883 –1963) e Allan Ginsberg (1926 – 1997) che ne fu allievo.
Jim Jarmusch dedica un film con questo titolo a un giovane autista di autobus pubblici che, nel tempo libero, scrive versi. E’ un’opera densa di lievità e poesia in cui non accade nulla di quanto sarebbe considerato rilevante in altri casi se non, alla fine di una settima del tutto normale, la distruzione, da parte del cane di casa, brutto e invidioso, del quaderno d’appunti a cui il giovane poeta aveva affidatole sue composizioni. E’ il classico film fatto di niente, ma ricco di sentimenti in cui la contrapposizione fra la ritrosia dell’uomo e la continua esternazione artistica della compagna, vera proprietaria dell’animale, funzionano come raffronto fra l’esigenza profonda di creare e la ricerca di un riconoscimento artistico solo mondano. Sono due poli che sintetizzano opposti sensi della vita e trovano una sorta di risarcimento nell’incontro con il giapponese capitato in quella cittadina solo per rendere omaggio ai grandi poeti che vi hanno abitato. Il quadernetto intonso che regala all’autista – poeta che ha appena visto trasformati in pezzetti di carta i suoi versi, segnala il senso di un’esistenza e di un lavoro che vivono in quanto esigenza umana profonda, sganciata da qualsiasi riconoscimento esterno. E’ un film leve e bello come una bolla di sapone che solo un poeta e grande cineasta poteva realizzare.