Io che amo solo te è il titolo di un film del 2015 che Marco Ponti ha tratto, molto liberamente, dal libro omonimo di Luca Bianchini, edito nel 2013. La cena di Natale è il seguito di quel film con la medesima ambientazione, la città pugliese di Polignano a Mare in Puglia, i medesimi attori e personaggi.
C’erano tutte le premesse per ripetere il successo del primo testo se non fosse intervenuto un fastidioso senso di copiato che ha compromesso l’intera operazione. Si è partiti dalla falsa premessa che il medesimo cast avrebbe garantito un risultato sicuro e si è aggiunto un pericoloso spiritoplodere i contrasti e gli scheletri conservati negli armadi di un intero gruppo sociale. Nel caso specifico si tratta del cenone della vigilia di Natale a cui sono invitati figli e parenti vari di una ricca coppia di possidenti pugliesi il cui marito si appresta ad abbandonare il tetto coniugale per coronate l’amore d citazionista che rimanda alle decine di opere, tutte ben più corpose, che partono da una riunione familiare per far esi sempre con una matura compaesana. Si aggiungano i figli dei quattro, sposati fra loro, con la donna in attesa di partorire, una lontana parente che piomba inaspettata dal nord, un rampollo dei due dalle tendenze omosessuali, la sorella della moglie che sta per essere lasciata e vive una tranquilla storia lesbica e si avranno gli ingredienti che affollano una vicenda banale e pasticciata. Banale nel senso che mette assieme ingredienti talmente usurati da apparire lisi: possibile che dopo Le mine vaganti (2010) di Ferzan Ozpetek non sia possibile fare un film sulla provincia meridionale senza mettere in scena omosessuali e lesbiche?