L'incontro tra Elvis Presley ed il Presidente Richard Nixon era già stato raccontato nel film per la televisione Elvis Meets Nixon del 1997, con Rick Peters nei panni del cantante e Bob Gunton nel ruolo del più potente uomo degli USA. Era un mockumentary – un falso documentario – diretto con bravura da Allan Arkush. Lì era stata scelta una chiave di lettura drammatica, qui quella più rilassante e leggera della commedia brillante.
Dopo che la Sony aveva acquisito i diritti, era stato deciso di affidare i ruoli di protagonisti ad Eric Bana e Danny Huston, la regia a Cary Elwes, tutti e tre sostituiti con l’ultimo rimasto quale co - sceneggiatore (è il suo debutto nella stesura di uno script). Ridotto il budget, affidata la regia alla brava ma con poca esperienza Liza Johnson (in 16 anni ha diretto tre mediocri lungometraggi), il film acquista interesse grazie alla scelta di due ottimi interpreti quali Michael Shannon e Kevin Spacey che azzeccano i loro personaggi danda a questo prodotto una certa piacevolezza. Riescono a sopravvivere ad una sceneggiatura fin troppo punta sulle somiglianze dei due uomini di successo, del loro modo di essere reazionari, amanti delle armi, negativi verso i comunisti e, dulcis in fundo, delle band inglesi che avevano spodestato il re del Rock. Un’ora per giungere all’incontro alla Casa Bianca – era il 21 dicembre 1970 – osteggiato fino all’ultimo dal Presidente ed accettato perché convinto dai suoi collaboratori che poteva essere utile per le elezioni. Poi, finalmente, il faccia a faccia nello studio ovale, assenti i rispettivi collaboratori. Nixon è quasi scocciato ma, alla fine, capisce l’uomo e inizia a chiacchierare con lui di tutto. Michael Shannon si è calato nel personaggio in maniera perfetta, senza volere assomigliare esteriormente ad Elvis, ma raccontandolo attraverso movimenti, espressioni, silenzi o logorroici discorsi. Non è più il Re incontrastato della musica e del cinema di evasione – Presley ha interpretato oltre 30 film – ma non è ancora l’obeso che sette anni dopo morirà in maniera poco chiara. La regia gli dà umanità, lo rende simpatico nonostante le sue prese di posizione da vero padrone convinto che tutto gli sia dovuto. Kevin Spacey rilegge Nixon, lo tratteggia come personaggio grottesco, a tratti comico, e gli dà un’impronta interessante e gradevole. E’ un uomo salito al potere nonostante non sia ricco come Kennedy e sarà rieletto con un vero plebiscito al suo secondo mandato. Non vuole rinunciare all’unica ora di riposo della giornata per ricevere l’artista e, quando alla fine accetta, si dimostra scocciato. L’attore lo rende perfino simpatico, impresa che ha quasi dell’impossibile. Dell’incontro poco si sa, ma una foto dei due assieme testimonia che è realmente avvenuto. Ottimi i comprimari, buona la colonna sonora, accettabile la regia, deludente la sceneggiatura. Il cantante condivide le retrive idee del presidente e cerca di aiutare lui e il paese proponendosi come Agente Federale. Lo fa con una lettera manoscritta di sei pagine poco considerata dal Presidente, poi convinto ad incontrarlo perché la figura carismatica dell’artista potrebbe aiutarlo nelle elezioni del 1972.