I film sul percorso, generalmente verso il successo, dei giovani che studiano presso le istituzioni americane volte alla formazione di nuovi artisti sono talmente tanti da costituire un piccolo filone.
New York Accademy (High Strung – qualche cosa di simile ad Alta Tensione) rientra ben ultimo in questo mini genere raccontando la storia di una promettente ballerina di danza classica che incontra un giovane inglese talentuoso che campa suonando il violino sulle piattaforme della metropolitana della Grande Mela. Fa da contorno un gruppo di danzatori di hip hop che aggiungono alla storia quel pizzico di ritmo utile a renderla accettabile ai palati più semplici. Infatti di predisposizione ingenua ce ne vuole un bel po’ per appassionarsi ad un racconto puntellato da luoghi comuni e ricco di situazioni prevedibili (la sfida finale fa questi giovani innovatori e gli accademici è tanto scontata da risultare quasi fastidiosa). In altre parole siamo nei pressi di un cinema più che tradizionale e nell’alveo del riciclo di situazioni già viste mille altre volte. Se si aggiunge che protagonista, brava ballerina ma modesta interprete, manca quasi del tutto di vis drammatica, si ha il quadro di un’opera del tutto trascurabile seppur valida dal punto di vista della costruzione professionale.