Bel film d’animazione candidato al Oscar, è diretto dal trentanovenne irlandese Tomm Moore che aveva debuttato col molto interessante The Secret of Kells (2009) in cui parlava di giovane al centro di incursioni barbariche e della saggezza di un maestro illuminato.
Nato a Newry, Irlanda del Nord, ha co-fondato lo studio di animazione Cartoon Saloon e ha scritto, prodotto, animato e diretto cortometraggi e spot pubblicitari. La canzone del mare arriva sui nostri schermi con un paio di anni di ritardo ed incassi non certo gratificanti. La ragione è che siamo di fronte ad una vera opera filmica, non ad un’animazione ad uso esclusivamente familiare; questo provoca un certo disagio ad un pubblico popolare. Il film prende ispirazione del soggetto dalla mitologia delle Selkies del folklore irlandese, che vivono come foche in acqua, ma acquisiscono sembianze umane sulla terra. Poco conosciuta al di fuori dell’isola e che è tramandata di generazione in generazione. Racconta la storia di Ben e della sua sorellina Saoirse – l’ultima bambina foca – che si avventura in un viaggio fantastico attraverso un mondo sbiadito di antiche leggende e magia nel tentativo di ritornare nella sua casa vicino al mare. E’ il ragazzo a raccontare alla bimba le avventure di Mac Rir, la cui triste espressione si può vedere seppellita sul lato dell'isola vicino alla loro casa. L'idea della mitologia e la narrazione è centrale per il film. Tanta poesia, fondali di grande bellezza, un’animazione senza inutili fronzoli, personaggi che si ricordano volentieri, un sapore europeo che rende ogni cosa più personale e bella. Il tratto è essenziale ma da grande emozione, con visi geometrici nelle costruzioni ma incredibilmente umani. E’ un’opera molto personale, assolutamente originale e capace come poche di entrare immediatamente in sintonia con lo spettatore non occasionale. E’ vero, evoca i capolavori di Hayao Miyazaki, ma questo non è un difetto.