Nel mondo di Internet, sempre meno gestibile soprattutto da chi si muove all’interno della rete seguendo unicamente la curiosità, i Social Network sono ormai conosciutissimi da molti utenti, persone che con loro cercano l’amicizia, la popolarità, il successo: o, forse, la certezza di esistere davvero.
Friend Request - La morte ha il tuo profilo si addentra in questo mondo dove è molto difficile essere certi dell’identità di chi è dal altro capo del collegamento, e racconta una classica storiellina in cui avvengono molti omicidi legati, in questo caso, a un account nel mondo di Facebook. La novità è solo quella, l’utilizzo mortale di un social network - ma sembra al inizio un’edizione riveduta e corretta di Unfriended (Cybernatural, 2014) di Levan Gabriadze - di cui è già pronta la seconda parte - per il resto, siamo di fronte ad un classico horror low cost in cui è più importante la quantità che la qualità. I sistemi per raggiungere la paura sono i classici, e non ci viene negato nessun rimando a film noti di questo genere. Sembra d’assistere ad un qualche cosa che abbiamo visto innumerevoli altre volte, in cui cambiano unicamente i nomi dei personaggi e parte della location. Un prodotto non peggiore di tanti altri, che dimostra comunque i limiti di un genere talmente sfruttato da sembrare difficile possa essere rivisitato con un minimo di originalità. Lo sfondo è quello del mondo giovanile, di quei ragazzi che affrontano con allegria il loro futuro e sono i più deboli quando si tratta di difendersi da una contrarietà, di affrontare un problema vero. La scelta di questo sfondo è dettata da varie esigenze, non ultime il basso costo degli interpreti e la possibilità di ottenere la complicità di un pubblico composto in maggioranza da giovanissimi. Il quarantaquattrenne attore bavarese Simon Verhoeven, che negli unici tre film da lui diretti si era occupato di commedia, ha sicuramente visto molti prodotti di suoi più o meno illustri predecessori, ed è abbastanza abile a mischiare immagini da videoclip horror con momenti di chiacchierate tra amiche, aumento della paura, terrore. Tuttavia la sceneggiatura a tratti è imbarazzante e gli interpreti, a parte la più esperta attrice australiana Alycia Debnam-Carey, cercano disperatamente di fornire spessore a personaggi appena delineati. Lo script è pieno di argomenti importanti, utilizzati unicamente per giustificare le scene di paura, con una dipendenza virtuale che poi sfocia in tematiche drammatiche quali la solitudine e l’emarginazione di chi non è nel branco e a sconfinare nel mondo dell’occulto con citazioni dei riti stregoneschi. Raffrontato a tanti suoi concorrenti, ha, comunque, una certa freschezza. Una studentessa, molto amata dai suoi amici (ha oltre 800 friend in Facebook) usa i social media per parlare con i suoi contatti e condividere momenti di vita quotidiana. Un giorno riceve una richiesta di amicizia da parte di una ragazza che non conosce. L’accetta, poi vorrebbe cancellarla; da quel momento inizia un incubo in cui protagonisti sono anche i suoi conoscenti che muoiono in maniera violenta.