Per Marguerite e Julien Valerie Donzelli (1973) - regista, attrice e sceneggiatrice francese - ha ripreso in mano il copione scritto all’inizio degli anni settanta da Jean Gruault (1924) per François Truffaut (1932 – 1984), affidandone l’aggiornamento a Jérémie Elkaïm.
La storia nasce da un episodio di cronaca criminale accaduto nel 1603 quando fratello e sorella furono giustiziati a Parigi sulla Place de Grève dopo essere stati processati e condannati per adulterio e incesto. La regista ricorda quella vicenda collocandola in un tempo non ben definito che ha alcuni aspetti degli anni venti, ma non ha problemi a mettere in scena radio, elicotteri, abiti polizieschi moderni. Il tutto per una perorazione a favore dell’amore, anche di quello incestuoso. Tale è il sentimento che lega, sin dalla più tenera infanzia Julien a Marguerite, sua sorella minore di quattro anni. Entrambi sono figli di Jean III di Ravalet, signore de Tourlaville, un nobile che con una famiglia di ben tredici figli e un fratello abate. Il film è molto curato e realizzato con attenzione e bravura mettendo in luce sia l’ingiustizia delle norme che colpiscono questo sentimento sia il loro presentarsi immutate nel corso dei secoli. Molto probabilmente la sceneggiatura scritta per François Truffaut prestava maggior attenzione allo spirito ribelle dei giovani nei confronti di una struttura sociale troppo codificata, ma l’accentuazione romantica che ne fa la regista non stride con la difesa di un profondo sentimento umano, anche quando si colora d’incesto. In definitiva un film che si segue con piacere e che riserva qualche sorpresa espressiva anche se non va oltre il racconto ben costruito e affascinante.