Due donne fuggono da una villa in Toscana adibita a centro di cura per condannate con problemi psichici. Entrambe hanno subito sentenze definitive legate a gravi crimini. Una è stata coinvolta dal suo amante in una serie di bancarotte fraudolente e non ha il minimo senso della realtà in cui è immersa, rimanendo legata all’immagine di ricca nobildonna.
L’altra ha tentato di uccidersi e di ammazzare il suo bimbo. La prima è spocchiosa e aristocratica, la seconda è una popolana finita a ballare su un cubo (forse anche a prostituirsi) in una locale della Versilia. Per una serie di circostanze casuali fuggono assieme e trascorrono una manciata di ore nel mondo esterno. E’ quanto basta per risvegliare la loro coscienza e indurle a ritornare nell’istituto di cura, visto come un’oasi di tranquillità rispetto a un mondo esterno infido e violento. La pazza gioia è l’ultima fatica di Paolo Virzì che vi stempera la sua tradizionale preferenza per la commedia all’italiana in favore di una maggiore accentuazione degli elementi mesti o drammatici. Un approccio a cui danno un contributo fondamentale Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, con la seconda che offre la migliore prestazione attoriale della sua carriera. E’ un film che, in gran parte, scorre linearmente, facendosi perdonare le poche cadute che segnano alcuni punti della storia. Ad esempio, l’intera sequenza della visita al marito ricco da parte della contessa rappresenta un momento non felice nell’economia del racconto. Così come il finale al mare con l’ingiustificato buonismo dei genitori affidatari del figlio verso la popolana mal s’inserisce in un discorso complessivamente stringato e malinconico.