Johannes Roberts è regista britannico quarantenne, che ha dedicato tutta la carriera al cinema horror. Il suo primo film è stato un lungometraggio in video, Sanitarium (2001), a cui hanno fatto seguito altri cinque titoli per il cinema ed un paio di miniserie televisive.
E’ un onesto artigiano, autore nello stile del più classico B Movie e realizzato prodotti che rasentano sempre la sufficienza. Di lui si deve apprezzare il tentativo, anche quale sceneggiatore, di cercare nuove letture delle situazioni classiche di questo filone che è tra i più amati dal pubblico. In questo caso ha ambientato la vicenda in India con una storia – classica nella struttura base – interessante perché i suoi dannati hanno chiari contatti col mondo religioso di quella parte dell’Asia. Nomi poco noti agli occidentali per le varie malvagie entità, un tempio abbandonato nella foresta, attori conosciuti in India in quanto lavorano anche a Bollywood. Certamente non siamo in presenza di un’opera da ricordare o che rivoluziona il mondo della paura, ma ad un decoroso prodotto con qualche piccola sorpresa non del tutto prevedibile e che tiene desto l’interesse. Pur avendo alle spalle una delle più importanti major, il film, per ora, non ha ottenuto un buon successo, probabilmente per il tono educato degli effetti visivi. Questi ultimi non sono così splatter come piacerebbe a un certo pubblico. Bella la scena dell’incidente stradale in cui muore il figlio con le automobili mestamente ferme mentre in quella finita in acqua la madre si dibatte per tentare di salvare i figli. Forse l’unica che sia realmente bene riuscita: per il resto, una mediocrità che coinvolge anche gli interpreti, tra cui Sarah Wayne Callies – trentanovenne statunitense già coprotagonista con Nicholas Cage del brutto Pay the Ghost (2015) – incapace di infondere drammaticità al personaggio della donna matura. Sei anni dopo aver perso il figlio in un incidente stradale in India, la madre è devastata dai sensi di colpa perché ha scelto di salvare la figlioletta invece del bimbo. Tenta il suicidio, il marito è disperato e, quando la loro governante indiana dice che nel suo paese c’è un tempio abbandonato in cui il limite tra vita e morte è molto lieve per cui lì potrà salutare il morto per l’ultima volta, i due partono pieni di speranza. La donna segue attentamente le istruzioni, sparge le ceneri del bimbo sulla scalinata davanti l’ingresso, ma quando sente la voce del figlio non resiste ed apre la porta. Sviluppo un po’ caotico con molte delle situazioni tipiche del filone horror.