Senza volere giudicare il lavoro fatto dai giovani giurati del Festival di Giffoni 2015 nella sezione Elements +6, se avevano competenza cinematografica probabilmente si sono trovati di fronte a film di scarsa qualità. E’ l’unica logica che potrebbe averli condotti a premiare la modesta opera prima di Micol Pallucca, quarantaquattrenne con varie esperienze nei media.
Prima alla Direzione CANALE 5 e poi in Mediatrade (tra i prodotti seguiti La terra del ritorno con Sofia Loren e Sabrina Ferilli) nel 2005 é stata tra i fondatori della Fidia Film. Ha prodotto e/o ideato le ultime serie di Carabinieri, la miniserie Sacra famiglia, i documentari Il viaggio di Gesù e L'oro di Cuba (quest'ultimo presentato al festival del cinema di Venezia). Ha fondato la Thalia Film con cui ha realizzato Grotto. Con un biglietto da visita così interessante, sembra impossibile si sia impantana in un’opera scritta e diretta in maniera approssimativa e che, con le furbizie care ai peggiori Cinepanettoni, farcisce ogni cosa di facili piccole volgarità che coinvolgono i giovani protagonisti e i genitori che li accompagnano. Quindi, evviva le molteplici puzzette, gli sputi utilizzati in varie maniere, le merendine che servono più per fare ridere che non per essere mangiate: se era possibile peggiorare, al centro di queste scene c’è spesso il Ciccio bombolo del gruppo. Il pubblico reagisce in una maniera che dà ragione alle intuizioni di Micol, ma giocare facile, e volgare, non è certo dimostrazione di grande bravura, desiderio di innovazione e di costruire sani spettacoli cinematografici. La società di produzioni, creata dalla Pallucca, sul proprio sito si presenta così: La mission aziendale della Thalia Film si fonda sui concetti di elevata qualità, prodotti innovativi e prezzi competitivi. Tale mission viene concretizzata attraverso la cooperazione ed il sostegno fra l'imprenditorialità produttiva e la creatività artistica, alla base della struttura della società. Detto questo, si ha la invece la sensazione che, per il momento, abbiano voluto fare cassa con un prodotto innegabilmente a low cost (e qui sono stati corretti) ma che cerchi il plauso degli spettatori nella maniera più semplice. Nessuna idea originale, direzione inesistente dei cinque giovani attori, una storia che ansima dall’inizio alla fine. A questo giudizio non positivo, si aggiunge anche un timore ambientale. Girato quasi interamente nelle Grotte di Frasassi con dovizia di luci (non si capisce perché i nostri eroi abbiano paura del buio, ma forse sono claustrofobici), ha sicuramente disturbato la natura. Al fine di preservare il suo ecosistema, per entrare bisogna passare attraverso porte stagne: speriamo bene. Inutile dire che anche Grotto, lo strano abitatore indigeno, parla con sonorità tipiche di chi emette puzzette (sono chiamate così). Tre amici, per accettare che nella loro banda entri un loro compagno - il secchione della classe - gli chiedono una prova di coraggio consistente nell’entrare da solo in una miniera abbandonata: cede il pavimento e lui scompare in una voragine. Preoccupati perché non è più tornato, gli amici cui si è aggiunta la sorellina di uno di loro, entrano a loro volta, vedono il foro, si calano giù, trovano il ragazzino infortunato e si perdono. Incontrano simpatico abitante della grotta, e col suo aiuto ce la faranno ad uscire. I protagonisti hanno qualche anno in più dei potenziali spettatori, ma questa scelta è fatta perché i piccini guardino con ammirazione ed invidia a quelli più grandi: lo stesso vale per le undicenni ammaliate dalle quindicenni, e così via.
