Nel tentativo di rendere appetibile questo film lungo e mal riuscito film, si è parlato di thriller e di storia capace di coinvolgere emotivamente. Scritto e diretto da Peter Landesman, ex giornalista col pallino della denuncia, è un insieme di momenti della vita di un medico che si trova ad affrontare una inaspettata verità che potrebbe sconvolgergli vita a tutti i livelli, ma tutto questo senza tensione emotiva o sviluppo inaspettato.
Protagonista è un nigeriano arrivato negli Stati Uniti con tanti sogni, medico specialista di anatomia patologica - quella branca della medicina che opera per individuare e analizzare le alterazioni indotte da stati di malattia in organi e tessuti – a lui è affidato un caso molto particolare che lo porterà ad avere problemi sia per il lavoro sia nella la vita privata. Parla coi cadaveri che però rispetta, è considerato pazzo o strano dai suoi colleghi e ha quasi difficoltà a raffrontarsi coi vivi. Quando gli viene chiesto di indagare sulla morte di famosissimo giocatore di football americano - finito in disgrazia, costretto a vivere in un pick-up e tormentato da emicranie insopportabili – si getta anima e corpo nel caso, senza preoccuparsi di quelle che potrebbero essere le ricadute sul sistema miliardario del popolarissimo e violento sport. Questa la base di un film che vorrebbe essere di denuncia, ma che annoia non poco, anche perché privo di veri momenti drammatici: il regista privilegia i problemi interiori della persona e dimentica di quelli che potevano essere gli sviluppi di una trama formalmente interessante. Come spesso capita, il film è basato su di una storia vera, ma questo non significa che l’interesse aumenti. Tutto suona romanzato, costruito per accontentare un pubblico di bocca buona che vuole commuoversi senza mai subire veri traumi psicologici. I cattivi sono raccontati senza un minimo di credibilità, probabilmente per evitare che ci sia la possibilità di identificazione con le persone che li hanno ispirati. Will Smith, col viso privo dei baffetti, cerca disperatamente di dare spessore ad un personaggio che non è suo, Alec Baldwin è un poco credibile medico, al decoroso David Morse viene chiesto di raccontare i drammi dell’ex-giocatore senza fornirgli validi appigli di sceneggiatura. A tutto questo vanno aggiunte le ridondanti musiche composte da James Newton Howard e tante scene pseudo documentaristiche di violenti allenamenti e drammatiche partite di football americano.