La scelta del regista israeliano Ariel Vromen non è stata quella giusta per realizzare un film ad alto budget dove si tenta di coniugare spettacolarità con una sottotrama che vira pericolosamente verso il melodramma. Di lui si ricorda l’accettabile The Iceman (2012), biografico con qualche libertà, che raccontava di Richard Kuklinski, tranquillo padre di famiglia impiegato a Wall Street ma, in realtà, spietato killer ricordato come un uomo di ghiaccio.
In questa occasione, dirige un film che lascia perplessi e scontenti, anche se nelle prime scene tutto sembra volgere verso la visione di un decoroso prodotto d’azione. Prevedibile, realizzato in maniera accettabile ma non tanto da giustificare un investimento da centotrentacinque milioni di dollari. Ci sono effetti non certo entusiasmanti, ma sufficienti per dare un minimo di tensione a immagini realizzate senza mai cercare l’originalità, Né manca qualche ingenuità nella costruzione di una storia che a tratti volge al ridicolo. Siamo al limite tra fantascienza e film tutto movimento, ci si prepara a scene in cui ogni cosa ruota vorticosamente solo per il gusto di inquadrature ad effetto, con auto fracassate in crash spettacolari. Tuttavia, ben presto si cambia registro e ci si occupa unicamente dei problemi dell’uomo scelto per ospitare il cervello di agente della CIA ucciso dal pazzo mitomane di turno. Gli sceneggiatori decidono di approfondire i suoi problemi di uomo a cui è stata impiantata una identità che combatte con la sua e, spesso, la domina. Lo hanno scelto perché ha un’alterazione che non gli permette di avere emozioni e sentimenti, ma anche perché è un carcerato senza nessuno che mai potrà denunciare quest’efferato intervento. Il ridicolo è sempre in agguato e quando l’uomo prescelto riceve ricordi ed emozioni dal passato dell’agente ucciso a Londra da miliardario anarchico spagnolo, le situazioni non più gestibili raggiungono il limite di guardia. A Kevin Costner, che interpreta questo personaggio, è stato chiesto l’impossibile, proponendogli una figura di cattivissimo, un uomo che uccide senza provare un minimo rimorso e un iper - forzuto che spacca tutto quello che tocca. Senza volere infierire troppo, diciamo che la prova dell’attore statunitense non è di grande livello e si limita ad un insieme di battute recitate pedissequamente senza cercare, o riuscire, a dare loro un minimo di credibilità. Sino a quando raffigura un assassino senza scrupoli si può sopportare qualsia cosa, ma quando il film dimentica di essere un action movie per trasformarsi in un testo pensieroso percorso da tesi moralistiche a sfondo bioetico, si rischiano le risate. Nulla giustifica questa trasformazione che appare logica solo a chi ha realizzato il film, come dire che si assiste a ciò che scorre sullo schermo senza mai partecipare emotivamente a situazioni che non sono in grado di catturare l’attenzione dello spettatore. Sembra quasi che nasca una storia d’amore tra il protagonista e la vedova dell’agente, una figura femminile affascinata dal rivivere ricordi, parole d’amore, momenti di gioia che appartenevano al passato. Un brillante agente della CIA è ucciso prima di essere riuscito a trasmettere ai suoi capi quanto sapeva, compreso un piano per distruggere il mondo. Il suo superiore contatta uno scienziato che sta lavorando al progetto di impiantare il pattern cerebrale di una persona in un’altra. Come cavia viene scelto un pericoloso criminale privo di sentimenti per una malformazione congenita e che, ospitando non solo la memoria anche ma le emozioni del morto, diventa un uomo migliore.
