Gradevole film presentato a Cannes, nella sezione eventi speciali con buon riscontro di pubblico e di critica, è una piacevole commedia che mette in pace col cinema. Girato in 1:33 - ma, correttamente, quando Charly (Jules Benchetrit) riprende la Huppert in video il formato all’interno del fotogramma cambia - con l’ironia legata a personaggi improbabili ma molto divertenti Il film si sviluppa nei suoi cento minuti con lievità e tante risate.
Il condominio dei cuori infranti, titolo probabilmente funzionale per il box office (in originale Asphalte, Asfalto), è la dimostrazione che si possono controbattere i blockbuster con l’arma della qualità. Creatore di questo titolo che coniuga il surreale con la commedia raffinata è Samuel Benchetrit, quarantaduenne regista dalle alterne vicissitudini artistiche, con alcuni validi titoli ed altri a dire poco modesti. L’autore è stato il marito di Marie Trintignant, morta nel 2003 per un edema cerebrale provocatole dal musicista rock che era il suo compagno. In questo film ha scelto, per il personaggio dell’adolescente che si confronta con Isabelle Huppert, il loro figlio diciassettenne Jules Benchetrit che aveva fatto debuttare nel mediocre Chez Gino (2011). Proprio la perfetta scelta degli interpreti lo aiuta a meglio raccontare questa storia, suddivisa tra tre coppie e in parte autobiografica. Tutto avviene attorno alla triste struttura di un palazzaccio di dieci piani nella periferia più povera di Parigi, e causa di casuali incontri tra i protagonisti è il cattivo funzionamento del ascensore. Isabelle Huppert è un’attrice sul viale del tramonto che si trasferisce lì e non apre nemmeno le scatole del trasloco perché è convinta di rimanerci pochissimo tempo. E’ demotivata e incapace di proporsi ancora come attrice. L’aiuterà il suo dirimpettaio, un adolescente che vive con la madre (che mai si vede) e che le farà tornare la capacità di recitare. C’è anche un poco attraente single che vive da solo e, abitando al primo piano, rifiuta di pagare per un nuovo ascensore che mai userà, se non fosse perché una cyclette motorizzata non gli crea lesioni muscolari alle gambe. L’uso del mezzo di salta e discesa gli è vietato, ma lui, per sopravvivere, lo utilizza di notte. Frequenta anche l’ospedale e qui conosce un’infermiera di notte che si concede qualche break per fumare. Si fa passare per un poco credibile fotografo e, forse, avrà un futuro con la donna. Tuttavia dove il surrealismo ha il massimo picco è nell’episodio che coinvolge un astronauta della Nasa la cui navicella è caduta sul tetto del palazzo e una donna algerina molto materna che, col figlio in carcere, lo prende in casa in attesa che gli statunitensi se lo vengano a riprendere. In alcuni passaggi la sceneggiatura è debole, ma il divertimento non manca. Tra gli interpreti Valeria Bruni Tedeschi (l’infermiera), Gustave Kervern (il single), Tassadit Mandi (la donna algerina) e Michael Pitt (l’astronauta).