Joel e Ethan Coen si son presi una vacanza dopo le fatiche di scrittura, coronate giustamente da un grande successo de Il ponte delle spie (Bridge of Spies). Lo hanno fatto con Ave Cesare, che hanno sceneggiato e diretto.
Il film marca un’incursione nel cinema hollywoodiano degli anni cinquanta con la messa in burletta del perbenismo formale che copre malamente i vizi privati. Un direttore di Studio deve vedersela con giornaliste pettegole, divi ubriaconi, star incapaci di recitare, attrici attratte più dall’apparato sessuale dei loro partner che non dall’arte del cinema. Il tutto mentre un gruppo di sceneggiatori comunisti, siamo nel 1951, sta ordendo un complotto da operetta basato sul rapimento di un divo piuttosto sciocco, impegnato nella lavorazione di un colossal sulla vita del Cristo. Ogni cosa andrà al suo posto e la macchina cinema potrà continuare a funzionare come se niente fosse successo, anche se un famoso attore - ballerino ha preso il largo verso l’URSS prelevato da un sommergibile sovietico arrivato sin sulle coste delle California. Abbiamo visto già altri film ambientati in questo periodo e un numero non minore di prese in giro della realtà di quegli anni. Ciò che manca qui è un punto di vista preciso, capace di andare oltre la collezione di scenette vagamente comiche e personaggi più sciocchi che buffi. I registi, abilissimi e originali in altri casi, qui sembrano sonnecchiare, meglio giocare con aneddoti e citazioni di personaggi realmente esistiti senza farsi guidare da un tratto preciso. Il risultato è un film piacevole, ma poco significativo e che non aggiunge nulla a quanto già sapevamo.
