Il meno che si possa dire del film Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti è che si tratta di un testo davvero originale che svetta nel panorama del cinema italiano, un orizzonte fatto quasi esclusivamente di commedie anche se qualche volta mettono in campo un risvolto o un finale amari.
In questo caso il regista ha guardato al grande cinema derivato dei fumetti di fantascienza americano, innestandolo armonicamente in un ambiente, quello borgataro romano, del tutto nuovo. Enzo Ceccotti è un ladruncolo da quattro soldi, vive in una appartamento popolare del quartiere capitolino di Tor Bella Monaca. Un giorno mentre tenta si sfuggire ai falchi motociclisti della polizia, finisce nel Tevere, sfonda un fusto di materiale radioattivo nascosto sott’acqua e riemerge coperto di una strana sostanza che, da quel momento in poi gli darà superpoteri, come quelli di cui disponevano i personaggi dei fumetti giapponesi in voga una ventina d’anni or sono. Può cadere da palazzi in costruzione alti dieci piani senza farsi male, ha una forza che gli consente di piegare senza sforzo termosifoni con vari elementi, muove con la forza delle sole braccia grandi giostre panoramiche, guarisce rapidamente da ferite in grado di uccidere qualsiasi altro essere umano. I suoi superpoteri attirano l’attenzione di un capobanda paranoico e crudele che sta facendosi strada nel mondo della malavita e che è in rotta con una banda di camorristi napoletani. Tutto cambia con l’incontro con una coatta che abita nel suo stesso palazzo ed è poco sana di mente, anche perché il padre la sta violentando sin dalla più tenera età. La fanciulla (una straordinaria interpretazione di Ilenia Pastorelli) vive in un mondo fantastico legato a Jeeg Robot, protagonista di una vecchia serie di fumetti giapponesi. Come è facilmente prevedibile, il supereroe suo malgrado riuscirà a sconfiggere tutti gli altri e predisporsi a un possibile secondo tempo in difesa di umili e oppressi a cui parteciperà con la maschera che la fanciulla gli ha regalato prima di morire. Un film originale e ben costruito che dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno come la fantasia per esprimersi non abbia bisogno dei milioni (di dollari) messi in campo dalle grandi aziende hollywoodiane.