In un mondo in cui domina la paura per il presente e il futuro, continuano ad essere realizzati film in cui l’annientamento del genere umano è ipotizzato in varie maniere. Quella che ottiene il maggior favore è lo sbarco degli alieni sul pianeta. A seconda dei casi, vediamo i terrestri soccombere in varie maniere, ma la morte appare quasi inevitabile sin che arriva un qualche eroe per caso che affronta e sconfigge il terrore riuscendo a trovare soluzioni giuste per debellare gli invasori o, quantomeno, per ridurre le loro potenzialità negative.
Il cinquantatreenne californiano Rick Yancey, specializzato in romanzi per adolescenti, ha individuato la sua eroina in una ragazza che, trovatasi sola a gestire questa realtà, ha la forza per difendere e salvare il fratellino. Il film, con una morale ad uso famiglia, situazioni ridicole e un finale tanto prevedibile quanto poco interessante. Questo è colpa della cronica assenza di idee originali. Nella prima ondata aliena la Terra è privata dell’energia, nella seconda viene sconquassata da un terremoto, nella terza fioccano epidemie, nella quarta arrivano gli extraterrestri sanguinari che uccidono e, dopo, si chiedono se dovevano proprio farlo. Diremo pochissimo sulla quinta, che è quella più sviluppata dalla sceneggiatura per dare un minimo d’interesse a un prodotto alla ricerca di facili incassi. Aggiungiamo solo che la ragazza incontra un giovane misterioso che potrebbe aiutarla nella sua missione di salvatrice del mondo. Effetti speciali di taglio artigianale, il ridicolo sempre dietro l’angolo appoggiato ad una demagogia ai massimi livelli dove i buoni riescono ad ottenere qualsiasi cosa. Musica ridondante, recitazione non richiesta agli attori o che gli attori scelti dalla produzione non conoscono. Urla, strepiti, il Tower Bridge distrutto, aerei che precipitano perché non hanno più energia, New York irrimediabilmente ferita, una sequenza chiaramente ispirata a Gli Uccelli (The Birds, 1963) di Alfred Hitchcock. Il film è stato accolto favorevolmente dal pubblico americano ma, per ora, non riesce ad ottenere gli stessi riconoscimenti in giro per il mondo. Qui al suo secondo lungometraggio dopo il quasi riuscito La scomparsa di Alice Creed (The Disappearance of Alice Creed, 2009), J. Blakeson dimostra di essere un accettabile artigiano ma la sceneggiatura è troppo debole per non far fallire anche il film.