A pochi giorni dalla scomparsa di Ettore Scola e la riproposizione di alcune delle sua opere da parte dei maggior canali televisivi è l’occasione propizia, recensendo Se mi lasci non vale di Vincenzo Salemme, per fissare due punti fermi di differenza fa la grande commedia italiana del passato e le farse che popolano i nostri schermi oggi.
La prima grande distanza è nello spessore sociale e politico delle opere. Mentre i titoli della commedia italiana del passato contenevano sempre un collegamento preciso con la realtà del tempo, oggi questo legame è del tutto assente. Basti pensare, solo per fare un esempio, alla figura del palazzinaro ignorante e sanguigno interpretato da uno sfatto Aldo Fabrizi (semo rimasti solo io e te e io nun moro!!) che compare in C’eravamo tanto amati (1974). Una seconda differenza è nella costruzione dei personaggi, sempre complessi e sfaccettati, laddove quelli che compaiono oggi sugli schermi appaiono quasi unidimensionali, figurine prive di un qualsiasi spessore. Ci sono poi altre differenze, ma quelle appena accennate sono sufficienti a mettere in luce la pochezza culturale e la sostanziale inutilità del film di Vincenzo Salemme, in cui si riciclano situazioni prevedibili sin dalle primissime battute e ci si muove in ambienti asettici e falsamente lussuosi lontani mille miglia dagli spazi in cui vivono le persone, anche quelle che possono disporre di mezzi cospicui. Queste le caratteristiche che saltano agli occhi a un primo approccio a un film banale sino all’inverosimile, mal costruito, incapace di suscitare la minima risata, interpretato alla buona da tutti gli attori che vi compaiono.