Nel 1980 il dittatore Francisco Franco (1892 – 1975) era morto da poco meno di cinque anni e la nuova democrazia iberica stentava ad avviarsi causa i legami irrisolti con un passato fatto di violenze e soprusi. In La isla minima di Alberto Rodriguez devono confrontarsi con tutto questo due agenti inviati da Madrid in una regione paludosa del sud della penisola per investigare su una serie di uccisioni di alcune giovani scomparse misteriosamente e i cui cadaveri sono stati ritrovati mutilati e violentati.
La coppia non potrebbe essere peggio assortita, composta come è da un giovane che crede nel nuovo corso politico e un poliziotto più anziano che ha sulla coscienza l’uccisione, negli anni precedenti la scomparsa del Caudillo, di alcuni manifestanti durante le proteste antiregime. Nonostante le opposte visioni della società i due riescono a fare luce sui delitti offrendo un tardivo e minimo risarcimento a quanti le hanno amate in vita. Il film, realizzato a tinte cupe su cui domina il nero delle notti, emblematizza in modo lucido il caos in cui si dibatte il paese fra speranze di futuro e pesanti retaggi del passato. Retaggi che porteranno, da lì a poco, al tentativo di colpo di stato ordito da un gruppo di circa 200 militi della Guardia Civil comandati dal tenente colonnello Antonio Tejero Molina (1932). E’ un’opera di grande interesse che indaga, sotto l’aspetto di un poliziesco abbastanza classico, la complessità di una società emersa a fatica da trentasei anni di dittatura. Dal film emergono con chiarezza sia la miseria profonda in cui versano vaste zone del paese, sia il quadro culturalmente devastante del sentire di molti, in particolare di quanti fanno parte delle cosiddette forze dell’ordine.