Con Io che amo solo te Marco Ponti ha realizzato una classica commedia matrimoniale che - tra preparativi, intrecci, ultimi momenti di libertà, chiesa e ricevimento - ci racconta in maniera credibile uno spaccato di umanità che, pur con apparenti variazioni, si assomiglia in tutto il mondo. Due storie d’amore, una convenzionale all’interno di canoni ben precisi, l’altra fatta di passione con il sapore del proibito.
L’idea iniziale non è del tutto malvagia, ma lo sviluppo non sempre riesce ad essere fedele a quanto era auspicabile attendersi. Contrariamente a quanto normalmente accade in questo tipo di prodotto, il matrimonio viene descritto sì come momento di gioia, ma anche ricco di dubbi e incertezze. Non solo, occupandosi dei genitori degli sposi, si cerca di trasfondere il dolore per errori della vita, per amori castrati al nascere, per l’infelicità che possono creare scelte non dettate dal cuore. E’ una commedia corale fin troppo ridondante di personaggi minori che creano un sapore da sagra, di provincialità, di rumorosa partecipazione ad un evento ma, nello stesso tempo, rischiano di soffocare la vis drammatica di un film che, forse, aveva mire diverse. Una giovane non ha potuto sposare il suo innamorato a causa del fratello finito in carcere e che così l’ha disonorata per questo accetta una sistemazione comoda e convenzionale con una ragazza agiata. Tuttavia nella vita può succedere di tutto, anche l’impossibile o, meglio, l’improbabile. Il destino fa loro un regalo inaspettato con la figlia della donna – rimasta vedova – che si fidanza col figlio del principe azzurro che ha sempre tenuto nel cuore. Il matrimonio dei giovani si trasforma in un vero e proprio evento per tutto il paese, con la preparazione di una cerimonia che dovrà essere ricordata per fastosità. Dietro ai preparativi la moglie del padre dello sposo a cui, forse, sfugge il rischio di perdere il marito. Marco Ponti ha saputo firmare titoli di buon interesse quali Santa Maradona (2001) e A/R Andata+Ritorno (2003), tuttavia, dopo un inizio promettente, non ha più trovato le idee per creare altri momenti interessanti. Buon sceneggiatore, qui ha voluto arricchire di colore una storia di per sé fin troppo ricca di deviazioni verso la farsa. Molti personaggi sembrano macchiette e creano una sovrabbondanza di input che, alla fine, si trasformano in scollature con la storia principale. Il cast comprende Michele Placido, Maria Pia Calzone, Riccardo Scamarcio, Laura Chiatti e, probabilmente, non aveva bisogno della così numerosa e chiassosa presenza di pur bravi caratteristi.