Andy Weir (1972) ha scritto a puntate The Martian sul suo blog e, quando stava per passare ad un’altra storia, le proteste dei suoi followers lo hanno indotto a ripensarci e a pubblicare le varie puntate in un libro uscito nel 2012.
Quel racconto ha dato spunto a Ridley Scott, un regista che ha un debole per la fantascienza (Alien, 1979 e Blade Runner, 1982), e allo sceneggiatore Drew Goddard per un film, Sopravvissuto – The Martian, che, rispetto agli illustri precedenti di questo cineasta, punta più sulla maestosità delle immagini che non sulle riflessioni morali o etiche. Allo scatenarsi di una violenta tempesta di sabbia su Marte, nella zona di Acidalia Planitia, l'equipaggio dell'astronave Ares 3 è costretto ad abbandonare la base e ripartire per tornare sulla Terra, ma Mark Watney rimane separato dalla squadra con cui era sceso sul pianeta rosso e viene dato per morto. Rimasto solo, con poche risorse e senza avere modo di contattare la NASA per comunicare che è sopravvissuto, dovrà ricorrere a ingegno, spirito e volontà per sopravvivere in attesa che sulla terra trovino il modo di recuperalo. Il film si basa quasi interamente sulle capacità attoriali di Matt Damon, in verità qui un po’ sottotono rispetto a opere precedenti come Will Hunting - Genio ribelle (Good Will Hunting, 1997) di Gus Van Sant o Ocean's Twelve di Steven Soderbergh (2004). Ciò che emerge dal bilancio del film è un’opera hollywoodiana nel senso classico del termine con la cornice che fa premio sulla storia. Eppure gli spunti possibili non mancavano. Si va dal rapporto fra uomo e natura alla solidarietà fra gli esseri umani, dalle riflessioni sulla solitudine dell’umanità nell’universo al legame fra politica e scienza. Tanti spunti, nessuno utilizzato se non accennato fuggitivamente.