Difficile recensire un film come Arianna in cui coesistono due realtà antitetiche tra loro: lo studio della psiche di una giovane che si sente diversa, e un esagerato numero di nudi che diventano un modo di raccontare non sempre gradevole. La debuttante Ondina Quadri, figlia del bravissimo montatore Jacopo, è vista da ogni angolazione, senza pietà. E’ vero, il corpo per la storia raccontata è importante, ma non per questo deve essere così continuativamente esposto.
L’opera prima di Carlo Lavagna parte da una sua specifica esigenza di esplorare il tema e per capire perché, a volte, sia difficile se non impossibile potersi sentire interamente uomo o donna. Arianna gli permette di occuparsi di ermafroditismo e di quella situazione che crea non pochi problemi psicologici in chi ne soffre. E’ un’anomalia rara ma non per questo poco importante – per l’Italia un bambino su 5.000, 60 l’anno e 5.000 in vita – che crea situazioni al limite della sopportabilità emotiva. Quando nasce un bambino così si provvede in tenerissima età a dare a lui un sesso definito e spetta ai genitori scegliere, ovviamente con l’appoggio di medici e di psicologi. Tuttavia alle volte succede che l’esteriorità fisica non coincida con quella psichica, donne che si sentono uomini e viceversa. Questa è la scelta fatta dal regista che è anche co-sceneggiatore del film. Si parte da una diciannovenne non ha ancora avuto il suo primo ciclo mestruale e gli ormoni prescritti dal ginecologo non sembrano sortire effetti a parte un fastidioso quanto leggero ingrossamento del seno che è ancora quasi invisibile. Durante l'estate passata nel casale dei genitori sul lago di Bolsena, un luogo dove la ragazza non è più tornata dall'età di tre anni, i ricordi del passato iniziano a riaffiorare e lei inizia a indagare su se stessa e sul proprio corpo. L'incontro con la cugina, tanto diversa da lei, spingerà Arianna a confrontarsi definitivamente con la vera natura della sua sessualità. Va da una ginecologa che le prescrive molti esami, alla fine dei quali ha la certezza di essere nata con un sesso diverso. L’attrice protagonista è molto brava, intensa, capace di trasfondere il suo dolore senza urlarlo, ma non tutti gli altri sono credibili come lei. Si salva Massimo Popolizio, che, come medico e padre di Arianna, racconta alla figlia la difficoltà di una scelta così importante. Il regista non giudica, non trae conclusioni, si limita a raccontare la vicenda senza prendere posizioni. L’unica cosa fa dire alla ragazza, con un minimo di speranza per il suo futuro, che rinasce per la terza volta: il parto, l’intervento chirurgico e ora è donna, forse.
