Tratto dal bel romanzo di Thomas Hardy, come l’omonimo film del 1967 diretto da John Schlesinger con protagonisti Julie Christie e Terence Stamp, per fortuna non dura quanto il precedente. Solo due ore contro quasi le tre di quel vecchio film, questo perché il tema e lo sviluppo erano graditi cinquant’anni, ma oggi sono amati quasi unicamente dagli spettatori delle soap opera.
Il melodramma è un genere difficile da portare sullo schermo, e il pur volenteroso regista danese Thomas Vinterberg rischia più di una volta la noia. Per dirigere Via dalla pazza folla non era lui ad essere la prima scelta per la Fox e, forse, in altre mani la storia poteva avere altro interesse. Alla fine, porta a casa un prodotto fastoso, perfetto esteticamente ma pesantemente privo di emozioni. Una bella ragazza di campagna, cresciuta dagli zii, rifiuta la proposta di matrimonio del benestante Gabriel, che pur le piace, per non divenire proprietà di nessuno e resistere in un ideale d'indipendenza che per la società vittoriana non è gradito da tutti. Per un rovescio di fortuna la giovane si trova a dirigere una fattoria molto ambita, mentre Gabriel lavora al suo servizio come pastore. Lui è innamoratissimo e la vedrà fare una vita parallela alla sua, resistendo alla corte di un ricco vicino e cedendo invece ad un ufficiale arrogante. Quando tutti l’abbandonano ci sarà finalmente spazio anche per lui e la sua felicità. Dei quattordici romanzi di Thomas Hardy (1840-1928), Via dalla pazza folla (1874) è uno dei meno graditi dalla critica perché ha pochi personaggi interessanti ed è particolarmente prevedibile nello sviluppo narrativo. Il quarantanovenne sceneggiatore britannico David Nicholls, con alle spalle molte esperienze televisive ed un paio di film per il cinema non memorabili, ha un timore reverenziale per il romanzo e mai cerca di sintetizzare alcuni passaggi o di aggiungere un minimo di originalità. L’ambientazione è perfetta, c’è quasi il morboso desiderio della precisione storica con bei balli, sagre popolari, interni di chiese ripresi con attento studio delle luci, tosatura delle pecore, campi in fiore. Tuttavia ogni cosa è lenta e priva di vis drammatica. Tutti gli interpreti sono bene scelti, forse sarebbe stato meglio ingaggiare, invece, un altro regista e sceneggiatore. La vera protagonista è la campagna lussureggiante e suggestiva che dona piacere e serenità nei momenti meno felici del film.