Giorgia Cecere avrebbe tutte le carte in regola per essere una buona sceneggiatrice e regista. Tra l’altro ha lavorato con autori quali Gianni Amelio e Edoardo Winspeare e queste esperienze sono presenti nel suo modo di intendere il cinema. Anche In un posto bellissimo, sua ’opera seconda, propone un ritratto di donna, qui una che tenta di trasformare la chiave di lettura di una certa incomunicabilità ben presente nella società borghese, soprattutto quella del Nord Italia.
Tuttavia questo rimane solo nelle intenzioni e, se di incapacità di comunicare si vuole parlare, è quella tra il film e gli spettatori. Un insieme di situazioni, di personaggi, di momenti narrativi che mai dialogano tra loro, che durano il tempo delle battute loro assegnate per poi tornare nell’oblio. E’ inutile interessarsi ai vari personaggi, votati a vita breve – narrativamente parlando – e senza capacità di lasciare una traccia. Perfino Piera Degli Esposti appare incapace di credere a quello che fa, disegnando epidermicamente una figura difficile da intendere e che nulla lascia bel ricordo. Non è colpa sua e, probabilmente, neppure degli altri attori di cui non si può mettere in dubbio la bravura proprio per la mancanza di elementi che li possano rendere interessanti. Troppe briciole di storie, episodi che difficilmente convincono, poco desiderio di unire le varie parti per realizzare un vero film. Isabella Ragonese, protagonista anche de Il primo incarico (2010) l’opera prima di questa regista dove si parlava di una maestrina dell’estremo Sud che ottiene - nel 1953 - il primo incarico nella lontana Puglia, cerca disperatamente di salvare il suo personaggio. Tuttavia il volto sempre corrucciato, i dialoghi poco interessanti, la storia mai coesa non le permettono più di tanto. La regista punta la macchina da presa quasi in continuazione sull’attrice facendo leva sui primi piani che sperava reggessero il peso della sua incongruenza narrativa. Alessio Boni, marito innamorato ma che nasconde segreti difficili da ammettere, è credibile ma solo quando non si deve raffrontare con la moglie. A Paolo Sassanelli il ruolo dell’istruttore di guida che si invaghisce della donna decisa a prendere la patente anche per riconquistare un minimo di fiducia in sé stessa. Una giovane della buona borghesia è sposata con dirigente d’azienda e da sempre ha demandato a lui ogni decisione di vita. Le ha scelto di dedicarsi al figlio e al bel negozio di fiori in centro gestito che gestisce con una socia. All'improvviso sua la madre gli insinua il sospetto che il marito la tradisca. Anche questo dubbio non la fa uscire dall’apatia, come del resto l'incontro con un ragazzo straniero che vende oggetti per strada. Quest’ultimo per lei è una persona da proteggere, un uomo da accudire nella vita di tutti i giorni, consentendogli di riappropriarsi della sua indipendenza, ma anche questo finirà male.
