Jafar Panahi (1960) è un regista, attore e sceneggiatore iraniano noto al mondo della cultura per essere uno degli intellettuali maggiormente perseguitati nel loro paese. Arrestato nel marzo 2010 accusato di partecipazione ai movimenti di protesta contro il regime, è stato rilasciato su cauzione. Alla sua liberazione ha contribuito una vasta mobilitazione a difesa dei diritti umani e la solidarietà di centinaia di uomini di cultura di tutto il mondo. Una libertà di breve durata, in quanto nel dicembre 2010 è stato condannato a sei anni di reclusione (pena sospesa) con l’aggiunta del divieto per venti anni di dirigere, scrivere e produrre film, viaggiare e rilasciare interviste sia all'estero sia in patria.
Nonostante quest’interdizione il regista non si è dato per vinto e, usando mezzi leggeri ed elettronica avanzata, ha diretto, in clandestinità, This is not a film (Questo non è un film, 2011) e Closed Curtain (Tende chiuse, 2013). Con il secondo film ha vinto l'Orso d'Argento per la migliore sceneggiatura al Festival Internazionale del cinema di Berlino, mentre Taxi Teheran, realizzato allo stesso modo, si è aggiudicato l'Orso d'Oro allo stesso Festival, edizione 2015. In mezzo c’è stato il grottesco episodio della sua presenza come giurato al Festival di Cannes del 2010, presenza dapprima autorizzata, poi impedita dalle autorità iraniane. Uno degli argomenti che interessano questo cineasta è legato alla condizione femminile a cui ha dedicato sia Il cerchio (Dayereh, 2000), vincitore del Leone d’Oro alla Mostra di Venezia dello stesso anno, sia Offside (2006) in cui racconta il calvario di alcune ragazze che voglio andare a vedere una partita di calcio. Il film arrivato in questi giorni sugli scerni italiani ha una trama che può essere raccontata con poche parole. Il regista assume il ruolo di un taxista e scorrazza per la capitale incontrando diverse persone, masolo due lo riconoscono, ricavandone un quadro doloroso e ironico delle condizioni della gente comune. C’è la donna di formazione colta che non accetta l’esecuzione di due ragazzi accusati di scippo, il venditore di DVD taroccati che alimenta l’unico rigagnolo di conoscenza del cinema internazionale, c’è la vittima di un incidente di motocicletta che vuole assolutamente fare testamento onde lasciare alla moglie la casa di cui è proprietario (cosa vietata dalla sharia), c’è il suo amico picchiato e rapinato da persone che ben conosce, ma che non vuole rivolgersi alla polizia temendo guai ancor maggiori. La sequenza finale vede due ladri (teppisti? poliziotti in borghese) che svaligiano il taxi portando via tutti gli apparati elettronici che vi erano installati. E’ un ritratto feroce e ironico di un popolo, meglio di un ceto intellettuale, che patisce l’oppressione dei religiosi che hanno sfruttato l’ira popolare contro il regime dello Scià per instaurare un regime ancor più oppressivo.