Il cinema, in particolare quello americano, ha spesso affrontato e usato la malattia quale ingrediente utile a commuovere gli spettatori e reggere storie strappalacrime. Qualche cosa di simile accade anche in Qualcosa di buono di George C. Wolfe, un sessantunenne qui al suo secondo film, il primo è stato Come un uragano (Nights in Rodanthe, 2008), dopo una lunga carriera in televisione.
La storia ruota attorno all’amicizia fra due donne: una prestigiosa ex - pianista e una giovane scombinata, ma generosa. La prima si ammala di SLA (Sclerosi laterale amiotrofica), una malattia terribile che corrode lentamente ogni facoltà e capacità muscolare portando chi ne è affetto a morte sicura. La seconda sia assume il compito di assisterla, dapprima in maniera quasi conflittuale, poi per vera amicizia. Un argomento strappalacrime quanto pochi che qui trova il supporto di due bravissime attrici: Hilary Swank e Emmy Rossum. La regia imposta l’intero film sul confronto fra queste due donne. Anche da questo versante c’è poco di nuovo e il racconto non è esente da lacune e inciampi. Il direttore, ad esempio, non si cura di motivare in alcun modo l’ordine e la dimensione della risorse indispensabili per saldare le costosissime cure a cui l’ammalata è sottoposta, preferendo immergere l’intera storia in un universo alto borghese. Allo stesso modo lo scontro – incontro fra le due protagoniste è depurato di qualsiasi contenuto economico e dire che la giovane sembra navigare al margine della povertà. L’unico dato sicuramente positivo è rintracciabile nelle prestazioni attoriali delle due attrici che mettono in campo doti di prima grandezza.