Da qualche tempo il cinema francese sta riflettendo sul passato recente dei giovani. Ha iniziato Olivier Assayas con Qualcosa nell'aria - Après Mai (Après Mai, 2012) ed ora arriva questo Eden, firmato dalla cineasta e attrice Mia Hansen-Løve che in passato ha interpretato due film diretti da quel regista a cui è stata legata sentimentalmente per alcuni anni.
Questa nuova opera mette al centro lo sbandamento di un giovane disc – jockey, appassionato di musica house, che tenta con caparbia volontà di introdurre a Parigi la musica garage. La regista mette l’accento sia sull’itinerario psicologico del protagonista, con un rilievo particolare ai suoi fallimenti da un punto di vista del successo economico, e ai problemi legati all’uso e abuso di cocaina. Ne emerge un ritratto sfaccettato e interessante da un punto di vista individuale, ma quasi del tutto scollegato dalla società che circonda questo bel giovane sostanzialmente disadattato. Lo spesso escamotage di cadenzare con scritto lo scorrere degli anni e il passaggio (realizzato in modo sommario) dall’atmosfera parigina a quella newyorchese, contribuiscono non poco ad isolare e rendere atipica la figura del protagonista, laddove essa avrebbe guadagnato molto dall’essere presentata come emblematica di una generazione irrequieta e poco disposta ad accogliere le suggestioni proposte o imposte dal mondo degli adulti.