Il soggetto del film è stato tra i testi selezionati al Concorso 2012 dell'osservatorio Politiche Giovanili della Regione Veneto. Successivamente è stato sviluppato da Marco Pollini con gli sceneggiatori Peppino Crea e Giovanni Dentici fino a stesura definitiva. Ai tre autori dello script si era aggiunto Pino Ammendola al quale, probabilmente, era stato dato il compito di trasformare quello che suona come film di impegno sociale in una farsa priva di umorismo e, spesso, di buon gusto.
Dopo venti minuti in cui si fanno vedere le tristi storie di aiuto cuoca moldava, di badante della Malesia lasciata per strada dalla gelosa vedova del suo ultimo assistito e della dolce mamma latino americana che la sera si trasforma per necessità hot hostess, tutto cambia e dà vita ad un prodotto difficilmente qualificabile se non coi termini dilettantistici e inconcludenti. Conscio dei limiti de Le badanti, il regista nei lunghissimi ringraziamenti pone al primo posto Dio: senza questo appoggio così importante forse il film non sarebbe nemmeno uscito. Notare che, grazie al incipit dato dalla Regione Veneto, questo pasticcio senza capo né coda è stato presentato in anteprima al Marchè Du Film del Festival di Cannes. Nelle note di produzione si legge che: è stato girato tra il Veneto, l’Alto Garda e la Malesia, usando le condizioni sociali del Bel Paese come sfondo significativo per le storie e i personaggi che sviluppa. Racconta le tragiche vicende di tre donne che arrivano nella provincia veronese per lavorare e inevitabilmente si scontrano e incontrano con una cultura molto diversa da quella del loro paese d’origine. Sfidiamo chiunque ad andare a vedere il prodotto finito ed a riconoscere in queste auliche parole quanto viene presentato. Protagonista vero è Pino Ammendola, sessantaquattrenne napoletano degno di massimo rispetto che dopo la laurea in giurisprudenza si è dedicato, anche con bravura, a televisione, teatro, doppiaggio e cinema. Sulle sue spalle grava tutto il film, ma nessuno degli altri riesce a dargli una mano, salvo (forse) la russa Anna Jimskaya. Il film voleva cavalcare la drammatica attualità della immigrazione clandestina (nessuna delle tre ha un permesso di soggiorno) ma la scelta di trasformarlo in farsa uccide quel minimo di interesse che poteva avere. Tre ragazze straniere senza occupazione rispondono a un annuncio per lavorare come badanti presso Villa Bella, una casa di riposo per anziani nella provincia veronese, e ben presto diventano unite tra loro e iniziano a instaurare un rapporto di confidenza con gli anziani che assistono, sette in tutto. Tuttavia, per colpa del direttore, furbo e truffatore, la casa di cura rischia di finire sull'orlo del fallimento. Forti e determinate, cercheranno di inventarsi un modo per aiutare l'intera comunità di vecchietti e salvare l’istituto dalla chiusura.