Diretta da un decoroso artigiano quale è Ken Scott, conosciuto soprattutto per Starbuck - 533 figli e.... non saperlo! (Starbuck, 2011) e Delivery Man (2014) interpretato da Vince Vaughn, questa commedia può vantare un cast di star hollywoodiane tra cui lo stesso Vince Vaughn, Sienna Miller e Tom Wilkinson.
Affare fatto è il suo quarto titolo come regista e, probabilmente, il meno riuscito. Il cinema popolare spesso gioca con nudi imbarazzanti, con situazioni di tradimenti soft al livello del buon gusto, ma difficilmente giustificate dallo sviluppo narrativo. Negli Stati Uniti da anni si manovra su questo border line tra goliardia e sessualità, in questa occasione si è inutilmente superato il limite creando un film non adatto alle famiglie e non interessante per chi desidera la vera trasgressione. E quindi peep show con uomini nudi, posizioni sessuali da Kāma Sūtra dei poveri, saune in cui attempate signore si concedono il naturismo, locali gay rigorosamente pieni di luoghi comuni. Di contraltare Vince Vaughn, che dialoga attravreso la web cam col figlio obeso che i compagni truccano da lottatore di sumo, la figlioletta che ingenuamente fa notare certe stranezze del padre, la moglie che ha dimenticato il sex appeal e rischia di non riuscire a controbattere alle avventure extraconiugali in cui il marito potrebbe essere coinvolto. Un manager discute col capo perché gli ha ridotto la percentuale del cinque percento, si licenzia e forma una società con due colleghi che lo seguono, l’anziano Tim (un bravissimo Tom Wilkinson), e Mike (Dave Franco), un giovane che spera di avere trovato con loro la via del successo. Dopo un anno gli affari non vanno bene ma ricevono una chiamata che li convoca a Portland per incontrare degli investitori, tra cui Bill, suo vecchio amico. Sembra che tutto vada per il meglio, ma i suoi collaboratori non sanno essere all’altezza del mondo degli affari e lui inizia a perdere fiducia nella squadra in cui il più anziano cerca sempre avventure di sesso per dimenticare la moglie ed il più giovane, autistico ed imbranato, è sempre fuori luogo. Con un colpo di fortuna, vengono convocati a Berlino per ottenere un grosso contratto, ma tra i lori avversari c’è anche la sua ex società. Umiliazioni di mille tipi, problemi col G8 ed i manifestanti, locali trasgressivi con ragazze e uomini disposti a tutto, ma nonostante questo alla fine escono vincitori. Professionale nella costruzione, con attori che si impegnano al massimo, il regista sceglie di percorrere tutte le scorciatoie per ottenere la complicità del pubblico. Peccato, con una sceneggiatura meglio scritta, poteva nascerne un buon film.