Clément Le Guern, scrittore e professore di filosofia al liceo, è trasferito da Parigi a Arras, un piccolo centro nel nord della Francia. Qui si sistema in un alberghetto e incontra una giovane parrucchiera, madre separata di un ragazzino che frequenta ancora le elementari. Lui è serioso, distaccato, sostanzialmente un cinico convinto di sapere tutto sull’amore anche se, al massimo, s’impegna in relazioni fugaci dominate dall’appetito sessuale.
Lei è una vivace proletaria che ama i romanzi rosa, legge i settimanali di pettegolezzi e fa il tifo per le attrici sulla cresta dell’onda. All’inizio tutto sembra andare per il meglio, complice l’entusiasmo e l’ottimismo della donna e l’intesa sessuale fra i due. Poi, nel pieno di una festa cittadina, il conflitto culturale e sociale esplode complice un piccolo episodio, apparentemente trascurabile, in realtà molto significativo. Lui dimentica di presentarla ad una coppia, una collega e il marito, lei sembra quasi non accorgersi dello sgarbo, in realtà sente che qualche cosa si è rotto in modo insanabile. Se ne andrà senza lasciare traccia lasciando il saccente intellettuale solo e, finalmente, consapevole dell’importanza del legame appena spezzato. Lucas Belvaux ha tratto Sarà il mio tipo? (brutta mutazione dell’originale e più diretto Non il suo tipo) da un romanzo del filosofo e professore (Nuova Sorbona - Parigi 3) Philippe Vilain (1969). Il regista ha recuperato dal libro, con grazia e maestria, quello che è l’asse portante della storia: la sconfitta dell’amore da parte delle differenze sociali. In questo il film, in cui risuonano numerosi echi rohmeriani, sintetizza il meglio offerto dal cinema francese quando riesce a raccontare la società fingendo di parlare di storie private. Un quadro sfaccettato e complesso a cui dà un contributo fondamentale Émilie Dequenne che mostra di aver appreso sino in fondo la lezione impartitale da Jean-Pierre (1951) e Luc Dardenne (1954) quando la vollero protagonista di Rosetta, coronato meritatamente con la Palma d’Oro del Festival di Cannes 1999.