Paolo (1931) e Vittorio (1929) Taviani sono due fratelli che dirigono in coppia e hanno una forte predilezione per i testi tratti da famose opere letterarie. Dopo Lev Tolstòj (1828 – 1910), Gavino Ledda (1938), Luigi Pirandello (1867 – 1936), Antonia Arslan (1938), senza dimenticare le atmosfere da Bertolt Brecht (1898 – 1956), Pier Paolo Pasolini (1922 – 1975) e Jean-Luc Godard (1930) che aleggiano nei loro primi film, è ora la volta di Giovanni Boccaccio (1313 – 1375).
Maraviglioso Boccaccio ruota attorno a cinque novelle scelte fra le cento contenute nel Decameron scritto da letterato di Certaldo fra 1349 e il 1353. La trama è nota: mentre a Firenze infuria la peste nera (1348) che sta decimando la popolazione, un gruppo di giovani - sette ragazze e tre ragazzi - si rifugiano in una villa di campagna per sfuggire al contagio. Per ingannare il tempo decidono che ciascuno di loro racconterà, ogni giorno, una nuova storia. E’ un ventaglio da cui il cinema ha attinto varie volte con esiti diversi, il più significativo dei quali è Il Decameron (1971) di Pier Paolo Pasolini. L’asse dei film su cui si muovono i due cineasti è l'inquietudine e la preoccupazione davanti ad un futuro incerto e denso di pericoli. In questo senso la pestilenza assume un tono metaforico che simboleggia incertezza sociale, estremismo religioso, povertà, mancanza d’amore. Come capita spesso in opere suddivise in vari capitoli non tutte le parti hanno uguale spessore. La migliore fra tutte e la più malinconica, nonostante il lieto fine, è quella che vede protagonista lo spiantato Federico degli Alberighi che uccide e cucina l’amato falcone, unico bene che gli è rimasto, per offrire un pranzo alla vicina di casale di cui si è innamorato. Riuscirà a conquistarne il cuore nonostante l’iniziale dispetto, visto che lei era andata da lui proprio per chiedergli il volatile di cui si era invaghito il figlioletto malato. L’equilibrio fra malinconia e passione raggiunto in queste sequenze è davvero mirabile e riscatta abbondantemente alcune sbavature che trapelano nelle altre parti. Straordinaria la fotografia di Simone Zampagni, magici, come sempre, i paesaggi della campagna toscana.